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Editorial Annotations:

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Frequentativi e diminutivi (verbi) latini, italiani, francesi.

Frequentative and diminutive Latin, Italian, French verbs.

Vedi polizzine a parte, intitolate Frequentativi e diminutivi ec. latini - italiani - francesi. See separate slips, entitled Frequentatives and diminutives, etc. - Latin - Italian - French.

Frequentativi, diminutivi ec. italiani.

Italian frequentatives and diminutives, etc.

1116,1 1240,1 2280,1 2935,2 2986,1 3064,2 3182,1 3514,2 3764,4 3906,1 3907,4 3955,2 3968,3 3984,4.5 3996,5.6 4000,3 4002,3 4003,2 4005,2 4008,4.6 4009,4 4013,3.5 4014,4.7 4019,1 4021,4 4022,7 4029,4 4030,8 4036,8 4040,5 4041,2.3.4.5 4046,8 4050,8 4051,1 4052,1.5 4053,5 4072,1 4089,3 4090,3 4105,1 4114,5.9 4117,6 4123,3.5 4148,2.7.10 4149,1 4150,3.7.11.13 4151,1 4151,4.5.6.8.10 4154,4.5 4158,4.7 4162,9.12 4163,2.3 4165,10.11 4166,1.10.15 4167,6.8.10 4168,1 4170,2.3.9 4172,1.2.7.11 4173,1 4182,3.8 4188,4.5.11.12 4196,1 4201,2.4.6 4237,6.8 4239,4 4241,1.2 4246,9.11.14 4257,4 4259,2 4263,1 4280,2 4283,5 4287,2 4287,5

Frequentativi e diminutivi ec. latini.

Latin frequentatives and diminutives, etc.

1111,1 1201,2 1504,1 1657,marg. 2009,1 2036,1 2194,2 2199,1 2225,1 2280,1 2285,1 2340,3 2809,1 2815,1 2819,1.2 2820,1.2.3 2821,marg. 3 2826,1 2835,1.2 2836,1 2842,1 2865,2 2924 2925,1 2930,1 2935,2 2972,12 2974,1 2984,12 2985,1 2986,1.3 3021 3023,1 3032,1 3064,2 3071,1 3074,1 3182,1 3235,1 3246,2 3264,3 3283,1 3298,1.2 3299,2 3350,3 3352,1 3234,12 3477,1 3491,2 3514,1.2 3541,1 3542,2 3543,1 3557,1 3568,13 3570,1 3584,34 3618,4 3619,1.2 3624,1 3629,1 3630,2 3631,1 3684,2 3686,3 3687,2 3693,1 3695,2 3710,1.2 3711,2 3731,4 3732,1 3735,2 3736,2 3761,3 3764,4 3810,1 3815,1.4 3821,1 3826,3 3828,3.4 3834,1.4 3849,1 3869,1 3893,4 3894,1 3897,2.3 3900,1.2 3907,4 3928,2.3 3937,2 3938,5 3942,1 3955,2 3968,1 3984,1 3968,3 3986,2 3992,2 3996,5.6 4004,2.6 4005,2 4006,4 4002,3 4008,6 4013,2.3 4014,4.7 4021,4 4022,5 4024,1 4025,2.5 4030,8 4037,3 4040,3 4041,2.3.5 4042,4 4044,5 4045,1 4046,8 4048,1.5 4050,4 4050,8 4051,1 4052,1 4053,5 4056,1 4056,3 4068,2 4072,1 4075,1 4081,3 4086,1.2 4087,3.5 4088,4 4089,3.6 4093,6 4105,1 4112,2.7 4112,6 4114,2.5 4117,2.3 4118,8 4119,1 4120,5 4121,13 4122,5.6.11 4123,1.5 4134,2 4146,1 4147,1 4148,2.7 4149,1 4150,3.8 4151,1.8.10 4154,5.9 4156,3 4158,5 4160,9 4165,11 4166,1.7.10.15 4167,1 4170,2.9 4172,1 4173,1 4177,5 4182,3.5 4188,11 4196,1.2 4197,4 4201,2.4 4217,2 4224,2 4237,6 4239,4 4241,1 4254,2.3 4257,4.8 4268,3 4272,3 4287,5.7

Frequentativi o diminutivi ec. francesi.

French frequentatives or diminutives, etc.

1456,1 3182,1 3477,3 3514,2 3907,4 3955,2 3980,1 3984,4.5 3993,5 3996,5.6 4005,2 4014,4.7 4008,6 4019,1 4021,4 4030,1.8 4034,4 4037,3 4041,2.3.5 4046,8 4050,8 4051,1 4053,5 4072,1 4089,3 4108,1 4113,5 4117,4 4145,3 4146,1.5 4148,2.4.9.12 4165,11 4172,5 4173,1 4182,3 4188,4 4191,2 4237,6 4257,4.8 4272,3 4273,3 4276,1 4282,7 4287,5

[1116,1]  Questa facoltà de' continuativi, è una delle bellissime facoltà, non ancora osservata, con cui la lingua latina diversificando regolarmente i suoi verbi e le sue parole, le adattava ad esprimere con precisione le minute differenze delle cose, e traeva dal suo fondo tutto il possibile partito, applicandolo con diverse e stabilite inflessioni e modificazioni a tutti i bisogni del linguaggio; e si serviva delle sue radici per cavarne molte e diverse significazioni, distintissime, chiare, certe, e senza confusione; e moltiplicava con sommo artifizio e poca spesa la sua ricchezza, e accresceva la sua potenza. Questa facoltà manca alla lingua italiana, la qual pure si è fatti i suoi nuovi verbi frequentativi e diminutivi, formandoli da' verbi originarii con modificazioni di desinenza. Verbi derivati, che ora hanno la sola forza frequentativa, come appunto spesseggiare {+e pazzeggiare, passeggiare ec. punteggiare, da punto o da pungere ec.}; ora la sola diminutiva, come {+ tagliuzzare, sminuzzolare,}  1117 albeggiare (formato però non da altro verbo, ma da nome, come altri pure de' precedenti; che così pure usa felicemente l'italiano), {V. in questo proposito p. 1240-42. e nota che i verbi in eggiare, par che almeno talvolta abbiano un valore effettivamente continuativo, come fronteggiare, scarseggiare e molti, ma molti altri, e in diversi sensi continui, ben distinguibili dal frequente} {e dal diminuitivo: biancheggiare, rosseggiare, neutri ec.} arsicciare (siccome in lat. ustulare, che anche i latini hanno i loro verbi puramente diminutivi); ora l'una e l'altra insieme al modo de' verbi latini in itare, come canticchiare, canterellare, {formicolare ec. (v. il Monti a questa voce, e alla v. frequentativo).} E di altre tali formazioni di verbi {e d'altre voci; formazioni} arditissime, utilissime a significare le differenze delle cose, e moltiplicare l'uso delle radici, senza confondere i significati, abbonda la lingua italiana in modo singolare, e più (credo io) che la latina, {e la stessa greca.} Ma de' continuativi manca affatto, se alle volte non dà (come mi pare) questo o simile significato a qualche frequentativo, o vogliamo spesseggiativo. {V. p. 1155.} Manca pure, cred'io, la detta facoltà alla lingua greca, sì gran maestra nel diversificare e modificare le sue radici, e moltiplicare le significazioni; ma per affermarlo mi bisognerebbe più lunga considerazione. E nella stessa lingua latina, ch'ebbe questa bella facoltà da principio, sembra che poi andasse in disuso, e in dimenticanza, continuando forse talvolta ad usarsi, con formare nuovi verbi di tal fatta, ma con una nozione confusa e non precisa del valore di tal formazione, e con significato non ben distinto dagli altri verbi; come fecero pure de' continuativi già formati e introdotti.  1118 Giacchè negli stessi antichi gramatici o filologi latini {de' migliori secoli,} non trovo notizia nè osservazione positiva di questa proprietà della loro lingua. {{V. p. 1160.}}

[1240,1]  Una delle principali, vere, ed insite cagioni della vera e propria ricchezza e varietà della lingua italiana, è la sua immensa facoltà dei derivati, che mette a larghissimo frutto le sue radici. Osserviamo solamente le diverse formazioni che dalle sue radici ella può fare de' verbi frequentativi o diminutivi. Colla desinenza in eggiare come da schiaffo,  1241 da vezzo, da arma, {da poeta, o poetare, da verso,} schiaffeggiare, vezzeggiare, armeggiare, {poeteggiare, verseggiare;} {+(e così da vano o vanare, vaneggiare, e pargoleggiare, e spalleggiare ec. e da favore, come favorare, e favorire, così favoreggiare,)} in icciare come da arso arsicciare; in icchiare, come da canto canticchiare; in ellare come da salto saltellare; in erellare, come pur da salto salterellare, e da canto canterellare; in olare, come da spruzzo spruzzolare, {da vòlto voltolare, da rotare, rinfocare, rotolare, rinfocolare, da giuocare, giuocolare, da muggire o mugghiare, mugolare, muggiolare, mugiolare;} in igginare, come da piovere piovvigginare; in uzzare, come da taglio tagliuzzare; in acchiare come da foro foracchiare; in ecchiare, come da morso, roso, sonno, morsecchiare, rosecchiare, sonnecchiare; {+(e così punzecchiare che anche si dice punzellare); in azzare come da scorrere scorrazzare, da volare svolazzare;} {+in eare come da ruota o rotare roteare (che la Crusca chiama V. A. non so perchè) alla spagnuola rodear, blanquear cioè biancheggiare e imbiancare ec.;} in ucchiare, come da bacio baciucchiare; {in onzare come da ballo ballonzare;} ed in altri modi ancora, che neppur qui finisce il novero, {+senza contare i sopraffrequentativi, o sopraddiminutivi, come ballonzolare, sminuzzolare ec. ec. ovvero diminutivi de' frequentativi o viceversa.} E queste, e le altre formazioni sono di significato certo, determinato, riconosciuto, convenuto e costante, in modo che vedendo una tal formazione, e conoscendo il significato della voce originaria, s'intende subito la modificazione che detta parola formata esprime, dell'idea espressa dalla parola {materna.} La pazza idea per tanto (ch'è l'ultimo eccesso della pedanteria) di voler proibire la formazione di nuovi derivati, è lo stesso che seccare una delle principali e più proprie ed innate sorgenti della ricchezza di nostra lingua. V.  1242 in questo proposito p. 1116-17. Io non dubito (e l'esempio portato lo conferma) che nella immensità e varietà della facoltà certa {stabile} e definita ch'ella ha dei derivati, {e nell'uso che ne sa fare, e ne ha fatto,} la lingua nostra non vinca la latina, e la stessa greca. {+Alla quale però si rassomiglia assai anche per questa moltiplicità di forme nelle derivazioni che hanno un medesimo o simile significato, a differenza della latina, non già povera, ma più regolata e con più certezza circoscritta in ciò, come nel resto. V. la p. 1134. fine.} (29. Giugno 1821.). {+Queste sono le vere cagioni e fonti per cui (se non le chiuderemo) la nostra lingua resterà sempre superiore in ricchezza alle moderne, malgrado i nuovi vocaboli ec. particolari, ch'elle vanno tuttogiorno acquistando.} {{V. p. 1292. capoverso 1.}}

[2280,1]  L'italiano mescolare, il francese mêler, anticamente mesler, lo spagnolo mezclar derivano evidentemente da un latino misculare o misculari, il quale è tanto ben formato da miscere (da cui abbiamo pur mescere) quanto joculari da jocari, speculari da specere, {+gratulari da gratari,} ed altri molti. E questo misculari trovandosi in tre diverse lingue figlie della latina, dovè per necessità trovarsi in quella fonte da cui tutte tre (ciascuna indipendentemente dall'altra) derivarono, cioè nel volgare latino. Massimamente che le dette voci sono proprissime ciascuna della sua lingua, fino da' principii di questa. V. il Forcell. il Glossar. ec. che non ho consultati. Aggiungete che il francese e lo spagnolo non hanno altro verbo che risponda a miscere, onde si vede che misculare prevalse nell'uso volgare latino come infatti prevale  2281 nel med.[medesimo] uso volgare, il mescolare italiano al mescere. {+Similmente prevale (e questo è veramente il più volgare), prevale dico il mischiare, e questo è in anima e in corpo il misculare, o misculari latino, cambiato per proprietà di nostra pronunzia il cul, in chi, del che v. p. 980. marg. Diciamo anche meschiare, ma è meno usuale, e l'adoprarlo non è senza qualche affettazione o d'eleganza o d'altro. V. il Gloss. se ha nulla, e p. 2385.}

[2935,2]  Cespicare, incespicare, incespare. Vedi il Forcellini in Caespitator e il Glossario in Cespitare. (10. Luglio. 1823.).

[2986,1]  È notabile che tutte le maniere di verbi frequentativi o diminutivi italiani da me altrove enumerati pp. 1116-17 pp. 1240-42, come saltellare, salterellare ec. sono immancabilmente e solamente della prima coniugazione, ancorchè il verbo originale e positivo sia d'altra coniugazione, come scrivere, onde scrivacchiare ec.; nè più nè manco che in latino tutti i continuativi e frequentativi o diminutivi (se non forse pochi anomali) del genere ch'io ho preso ad esaminare, da qualunque coniugazione essi vengano; ed anche altri verbi derivativi, {#1. sieno diminutt. sieno frequentatt. sieno l'uno e l'altro insieme, ec.} di verbi originali ec. con diverse formazioni, che non spettano alla mia teoria, {ed istituto,} come ustulare, {misculare di cui altrove, ec, pp. 2280-81 pp. 2385-86 pandiculari, vellicare (v. p. 2996. marg.), sorbillo, cantillo, conscribillo ec. cavillor, missiculo, claudico, ec. Anche in franc. tali verbi diminutivi ec. e così in ispagn. mi par che sieno della 1. coniugazione} (17. Luglio 1823.)

[3064,2]  Alla p. 3061. Che assare venga da ardere, e sia lo stesso che arsare, oltre la verisimiglianza ch'ha in se medesimo, considerando i significati di tali verbi, si fa eziandio più probabile osservando che il nostro arrostire (franc. rôtir) ch'equivale ad assare, viene da urere ch'equivale quasi ad ardere (preso attivamente, come noi {sovente} lo prendiamo, e come bisogna considerarlo nel caso nostro: v. Forcell. in ardeo e arsus participio pass., i Diz. franc. in arder, e lo spagn.). E che arrostire venga da urere, si dimostra guardando ch'egli è corruzione {+(o che altro si voglia)} d'abbrostire il quale {originariamente} è il medesimo verbo; e che abbrostire è quasi il medesimo che abbrostolire, il qual è corruzione di abbrustolare; e che abbrustolare, detratte le lettere abbr (non so come premessegli) è appunto il latino ustulare, il cui significato è nè più nè meno quello di abbrustolare; e che ustulare è fatto da ustus di urere. Abbrustiare voce fiorentina è quanto al materiale lo stesso che abbrustolare, mutato il tol  3065 (lat. tul) in ti, secondo il costume della lingua nostra (e massime della fiorent. e toscana), come da oc-ul-us occh-i-o, da masc-ul-us masch-i-o, che i fiorent. dicono mastio ec. come ho detto altrove p. 2358 (così da misc-ul-are misch-i-are, i fiorentini mistiare). Le lettere abbr {abr} o br paiono nelle nostre lingue esser proprie, non so perchè, delle voci di questo tal significato o simile; come in abbrostire e ne' sopraddetti (i franc. non conservano che l'r, cioè rostir, ma questa sembra essere un[un'] aferesi di abbrostire, o abrustire che sarebbe un vero latino - barb.), {in} brustolare, abbruciare ec., bruciare ec., abbronzare ec. abbruscare (v. l'Alberti), brûler, abrasar ec. Forse queste tutte sono corruzioni del latino amb (ambustus, amburere ec.). Veggasi il Glossario se ha nulla in proposito. Veramente abbruciare, bruciare, brûler, abrasar sembrano non appartenere al latino, e da quella origine da cui essi vennero, fu tolto forse ancora l'uso di premettere le lettere abbr, abr, br ad altre voci di significato affine al loro,  3066 benchè {venute} d'altra origine, cioè latina ec. (30. Luglio. 1823.).

[3182,1]  Trembler, temblar sono verbi diminutivi, cioè fatti da un tremulare, il quale è da tremere, come misculare (onde mesler, cioè mêler, mezclar, mescolare, meschiare, mischiare) da miscere, secondo che ho notato altrove pp. 2280-81 pp. 2385-86. Ma essi verbi trembler e temblar hanno il senso del positivo tremere che nel franc. e nello spagn. non si trova. Noi abbiamo e tremare e tremolare, quello positivo, e questo, così di forma come di significazione, diminutivo. Diciamo anche tremulare, o piuttosto lo dicevano i nostri antichi, più alla latina, benchè questo verbo nel buon latino non si trovi. Trovasi però nel  3183 basso latino: v. il Glossar. Cang. Gli spagnoli dicono pure tremolar (Solìs Hist. de Mexico, l. 1. capit. 7. princip.), ma attivamente per agitare, dimenare, sventolare (come tremolar unas vanderas nel cit. luogo del Solìs), alla qual significazione par che appartenga l'ult. esempio del Gloss. Cang. in Tremulare. (17. Agos. 1823. Domenica.) {Il Franciosini scrive tremular, lo chiama vocabolo barbaro, e lo spiega tremare.}

[3514,2]  Alla p. 2984. Vieil da veculus come oeil da oculus, oreille da auricula o aurecula (corrottamente) ec. vermeil, vermiglio, vermejo da vermiculus o vermeculus ec. Sommeil è certamente un somniculus diminutivo, preso in senso positivo, come somme da somnus. Resta però il senso diminutivo  3515 a sommeiller che vien da somniculare come il nostro sonnecchiare, e che serve a confermar la derivazione di sommeil da somniculus. Appareil; apparecchio, apparecchiare, {sparecchio ec.}; aparejo, aparejar dimostrano un diminutivo positivato appariculare per apparare, (come misculare per miscere, di cui altrove pp. 2280-81 pp. 2385-86 p. 3182), appariculus per apparatus; voci ignote nel buon latino, ma comuni alle tre lingue figlie. V. Glossar. ec. (25. Sett. 1823.). { Parecchi, pareil, onde appareiller, sono da pariculus ec. V. Gloss. ec. parejo (cioè par) parejura ec. Pelleja, pellejo, pellico; pelliccia; pelisse; spag. moderno pellìz, da pellicula ec. Lo spagn. ha anche il positivo, piel. Semilla. Soleil. Ouaille da ovicula ec, come oveja spagn.}

[3764,4]  Ai verbi diminutivi o frequentativi italiani da me altrove raccolti pp. 1116-17 pp. 1240-42, aggiungi p. esempio di quelli in olare, crepolare da crepare, screpolare ec. (24. Ott. 1823.).

[3906,1]  Alla lista de' verbi frequentativo - diminutivi {#2. disprezzativi, vezzeggiativi ec., frequentativi o diminutivi semplicemente ec.} italiani, data da me altrove pp. 1115-17 pp. 1240-42, aggiungi: in ettare, come da balbo, balbettare. (25. Nov. 1823.).

[3907,4]  Bisogna notare che i diminutivi positivati (verbi o nomi {+ec.}) da me raccolti non sieno di senso neanche frequentativo, nè disprezzativo, nè vezzeggiativo, nè simile, {eccetto se tale non fosse anche} quello del positivo, al quale esso deve insomma essere totalmente conforme. Misculare (a proposito di cui ho preso a discorrere de' diminutivi  3908 positivati pp. 2280-83 ) a principio ebbe forse un senso frequentativo, che poi perdè, restandogli quello del positivo. E così gli altri, ciascuno de' quali (nomi o verbi) in origine dovettero in qualunque modo differire nel senso dai positivi. Del resto i verbi in ulare ec. propriamente sono diminutivi e perciò spettano al mio discorso. Hanno però talora un senso simile al frequentativo (come tanti verbi italiani altrove da me notati pp. 1115-17 pp. 1240-42 p. 3764), ma non perciò si possono men giustamente porre fra' diminutivi, giacchè solo dalla diminuzione ricevono quel tal potere di significar la frequenza ec. il qual significato è {come} una specie de' significati diminutivi ec. (26. Nov. 1823.)

[3955,2]  Da chaudron {#1. (caldaio)} diminutivo di chaudière {+(calderone),} chaudronnier in senso positivo cioè calderaio. Infiniti sono e in latino e massime nel latino basso e nelle lingue figlie i derivati {+e di questo e d'altri molti generi, e sorte di significati ec. V. p. 4006.} ec. che avendo un senso positivo, e corrispondente a quello del positivo da cui hanno origine, sono però fatti da un diminutivo (usitato o no, {#2. ed anche semplicemente supposto}) di esso positivo, sia ch'essa[esso] diminutivo abbia un uso positivato, o no, ec. e che tali voci derivino dal latino, o no, ec. {Vedi la pag. 3963. lin. 18 3980. lin 3. 4.} Forse la ragione di tali derivativi che in senso positivo sono formati da' diminutivi, si è che essi e fors'anche i diminutivi da cui derivano, hanno un senso frequentativo o cosa simile. {purulentus, purulentia ec, esculentus, virulentus, vinolentus {#(1.) v. la pag. 3968-9. 3992.} temulentus ec. nidulor. {#(2) se non è freq. o frequen. - dimin.}} Infatti la diminuzione in senso di frequentazione assolutamente e unicamente, ovvero in compagnia di questo senso, è comunissima nel latino nell'italiano ec. come altrove in più luoghi. E molti assoluti frequentativi (verbi o nomi ec.) non sono che per la forma diminutiva che hanno, e questa si è la sola che in essi indica la frequenza ec. sia che i positivi {+di senso o di forma o d'ambedue ec.} si trovino ed usino, o no, neanche vi possano essere, come spesso accade in italiano, ec. p. e. balbettare non ha nè potrebbe  3956 avere balbare, al quale però equivarrebbe ec. (8. Dec. Festa dell'immacolata Concezione di Maria. 1823.).

[3968,3]  Ho detto, non mi ricordo il dove pp. 2280-81, di un diminutivo, mi pare, italiano che la sua inflessione in ol (sia verbo o sia nome ec. che non mi sovviene) dimostrava lui essere originariamente latino. Ma si osservi che la diminuzione in olo, olare ec. è non men propria dell'italiano moderno di quel che sia del latino quella in ulus, ulare, olus (come in filiolus) ec. Ben è vero ch'essa deriva onninamente da  3969 questa latina, anzi è la medesima con lei. Del resto l'aggiunta dell'u in questa nostra inflessione (come in figliuolo ec.). 1. è una gentilezza della scrittura e ortografia, un toscanesimo, non è proprio della favella, seppur non lo è della toscana, e in tal caso, che non credo neanche in toscana sia troppo frequente e' sarebbe un accidente della pronunzia. 2. non si trova nelle più antiche scritture, nè in moltissime delle meno antiche, benchè esatte, anzi fuorchè nelle moderne, {forse} nel più delle scritture ella manca, {+e credo ancora che manchi regolarmente anche oggidì, almeno secondo l'ortografia della Crusca, in molte parole dove l'olo è pur lungo.} 3. ella svanisce regolarmente (per la regola de' dittonghi mobili) sempre che l'accento non è sull'o: quindi da figliuolo figliolanza ec. 4. essa è veramente una proprietà italiana onde anche da sono, bonus e tali altri o semplici, facciamo uo, come suono, buono ec. siccome gli spagnuoli ue, che pur si risolve, o ritorna, in o sempre che l'accento non è sull'e, come da volvo buelvo e poi bolver ec. {V. p. 4008.} {+E anche quando la desinenza ec. in olus o ulus ec. non è diminutiva, noi ne facciamo sovente uolo {ec.} come da phaseolus, fagiuolo ec.} 5. Essa manca sempre in moltissime parole {italiane,} come in tanti verbi diminutivi o frequentativi ec. in olare de' quali ho detto altrove pp. 2280-81 pp. 1116-17 p. 1241, che sarebbe sproposito scrivere in uolare. Insomma essa giunta non è propria di questa tale italiana inflessione diminutiva derivante dal latino, ma è un accidente di pronunzia o di ortografia italiana o toscana, che ha luogo anche in infiniti altri casi alienissimi da questa inflessione, e che in questa medesima non ha sempre luogo ec. (10. Dec. dì della Venuta della S. Casa di Loreto. 1823.). {{V. p. 3984. 3992. 3993.}}

[4000,3]  Verbi frequentativi o diminutivi ec. italiani. Penzolare e spenzolare coi derivati. Paiono però fatti da penzolo, e questo da pendulus che non è diminutivo. Rotolare, rotolone ec. (24. Dec. 1823.). {{Penzigliare, penzigliante. V. il pens. seg.}}

[4002,3]  Dico altrove p. 3515 del nostro cangiar talora il cul latino in gli, coll'es. di periglio {ec.} Aggiungi spiraglio da spiraculum che anche si dice spiracolo, come pure pericolo. (25. Dec. dì del S. Natale. 1823.).

[4003,2]  Frequentativi italiani ec. Vedi nell'anteced. pensiero [p. 4003,1] un verbo sopraffrequentativo o sopraddiminutivo ec., come anche altri ve ne sono, o ne possiamo formare a piacere e giudizio dello scrittore {parlatore} ec. (25. Dec. 1823.). {{V. la p. seg. [p. 4004,2].}}

[4005,2]  Verbi diminutivi positivati. Ringhiare cioè ringulare da ringere. V. i franc. e spagn. (27. Dec. 1823.). Avvinchiare, avvinghiare, e molti altri simili verbi italiani in ghiare e chiare, iare ec. sono assoluti diminutivi ({quasi tutti e} per lo più o {tutti e} sempre positivati), e diminutivi non in italiano ma in latino donde mostrano assolutamente esser venuti, cioè da de' rispettivi verbi in ulare, noti o ignoti. Così molti verbi spagn. in jar, franc. in iller, ec. Così anche nomi e altre voci ec. (27. Dec. 1823.). - { Succhiare, succiare (sugo is, suggere, sucer ec.) Morchia (noi marchigiani morca) - amurca.} Possono però tali verbi ec. esser fatti anche da nomi o latini o italiani ec. noti o ignoti, come p. e. ringhiare da ringhio (nome usato), il quale quando anche fosse da un ringulus, questo non sarebbe diminutivo, o da nomi che essendo diminutivi in latino, in ulus, non lo sieno in italiano ec. (27. Dec. 1823. Festa di San Giovanni Apostolo ed Evangelista.). Tali sono i verbi rugghiare e mugghiare, {#1. mugliare, {#(1.) Veggasi la p. 4014. capoverso 4.} mugolare, mugiolare, muggiolare coi derivati ec. di questi e di mugghiare, rugghiare ec.}, del quale però mi ricordo aver parlato altrove p. 1241 e veggasi il detto quivi. (28. Dec. giorno degl'Innocenti. 1823.). {{Veggasi la pag. 4008. capoversi 4. e ultimo [p. 4008,6]}}

[4009,4]  Verbi frequentativi o diminutivi {ec.} ital. Morsecchiare, morseggiare {(coi derivati ec.)} che la Crusca chiama quello diminutivo e questo frequentativo di mordere. Aggrumolare da aggrumare che non è della Crus., bensì aggrumato, digrumare ec. (8. Gen. 1824.).

[4019,1]  Diminutivi positivati. Bouillon da bulla, bolla. (19. Gen. 1824.). Bouillonnement, bouillonner. Bulicare è corruzione di bollicare, dal quale abbiamo infatti bollicamento, e così bulicame e[è] per bollicame che non si trova, sia che queste voci vengano a dirittura da bolla come le suddette francesi, sia da bollire (che vien da bolla), come par voglia la crusca, che spiega bollicamento per leggier bollimento (sarebbe dunque diminutivo), e bulicare per bollire, di cui sarebbe frequentativo o diminutivo o frequentativo - diminutivo. Bulicame però non ha che far con bollire, bensì con bolla. Eccetto pigliando bollire, per far bolle senza fervore: v. Bollire §. 4. e il Forcell. Pare però che bulicame si dica propriamente delle acque bollenti benchè senza fuoco. ec. (19. Gen. 1824.). Vedi la pag. 4004. capoverso 2. Moisson diminutivo positivato di messis. (19. Gen. 1824.).

[4021,4]  Rinnovellare, innovellare, renouveler, renovello, lat. (v. gli spagn.) {ec.} diminutivi positivati; si aggiungano al detto altrove p. 3751 di novellus ec. (22. Gen. 1824.).

[4022,7]  Verbi frequentativi o diminutivi o frequentativi - diminutivi o diminutivi positivati, italiani. Rinfocolare, rinfocolamento, da rinfocare ec. (27. Gen. 1824.).

[4029,4]  Sbarbare - sbarbicare, abbarbicare o abbarbicarsi. Al detto altrove pp. 3006-3007 p. 4004 sopra i nostri verbi in ĭcare, fatti da verbi originali usati o no, o pur da nomi ec. (11. Feb. 1824.). {{Barbare-barbicare.}}

[4030,8]  Cangiamento del cul lat. in chi ital. Bernoccolo (voce affatto italiana, v. però il Gloss. e i vari dizionari) co' suoi derivati - bernocchio che vale lo stesso. (15. Feb. Domenica di Settuagesima. 1824.).

[4036,8]  Verbi frequentativi o diminutivi italiani. Balzare - balzellare. (28. Feb. 1824.).

[4040,5]  Spiare - spieggiare. (3. Marzo, dì delle S. Ceneri. 1824.). Scoppiare, scoppiata sustantivo - scoppiettare, scoppiettata, scoppiettio. (4. Marzo. 1824.). {{Incrociare - incrocicchiare, croce - crocicchio ec.}}

[4046,8]  I nostri nomi diminutivi o disprezzativi {ec.} in acchio ecchio ec. e i verbi diminutivi o frequentativi o disprezzativi ec. in acchiare ecchiare ec. sono di una forma espressamente originata dal latino, cioè dalla forma diminutiva o frequentativa  4047 ec. in culus e culare. Lo stesso dico de' nomi e verbi francesi diminutivi o frequentativi o disprezzativi ec. in ail aille ailler iller {+ eiller (sommeiller)} ec. de' quali altrove pp. 2375-76 pp. 3514-15 p. 3991 p. 4005. E credo che anche lo spagn. in illo o illar ec. venga da essa forma latina (come periglio péril ec. da periculum, del che in più luoghi p. 3515 p. 3557) più tosto che da quella in illus illare ec. (15. Marzo. 1824.).

[4050,8]  Della superiorità della lingua latina sulla greca per certe parti e qualità, del che ho detto in proposito dei continuativi di cui i greci mancano p. 1117 p. 2142 pp. 2784-86, cioè non ne hanno un genere determinato, si può dire lo stesso  4051 rispetto agl'incoativi, di cui i greci non hanno un genere e forma così determinata e assegnata come i latini, sebbene si servono molto spesso, a significar l'incoazione, di verbi in ίζω fatti da quelli che significano l'azione o passione positiva, o aggiungono a' temi in άω, έω ec. il ζ, facendone άζω, έζω ec. Ma queste forme non sono così precisamente determinate alla significazione incoativa, perchè infiniti verbi così formati ne hanno tutt'altra, infiniti significano lo stesso che il primo tema (del che altrove pp. 2825-26 pp. 3284. sgg., sebben forse in origine potranno avere avuto diverso senso), infiniti non hanno altro tema, almen noto, e non significano cosa incoativa ec. sia che questi e i sopraddetti abbiano perduta col tempo siffatta significazione, e confusala ec. sia che mai non l'abbiano avuta, il che, di moltissimi almeno, è certo, perchè molte volte la desinenza in ίζω o ζω è frequentativa. Anche de' frequentativi determinati ec. mancano i greci, mentre gli hanno non solo i latini ma gl'italiani (e moltissimi generi, come pure in latino ve n'è più d'uno), i francesi ec. Mancano ancora de' {verbi} disprezzativi, vezzeggiativi ec. ec. che i latini e gl'italiani ec. hanno, e più d'un genere. (21. Marzo. 1824.).

[4051,1]  Molti di quelli che io chiamo diminutivi positivati, si potranno chiamare in vece disprezzativi o vezzeggiativi o frequentativi ec. positivati, sì verbi che nomi, sì sostantivi che aggettivi ec. Ma chiamarli generalmente diminutivi non è da potersi riprendere, perchè tali sono propriamente tutti, e la diminuzione è il mezzo con cui essi significano disprezzo, vezzeggiamento ec. secondo che ella è applicata ed intesa. (21. Marzo 1824.).

[4053,5]  Origliare, origliere da auricula. Nuova prova del cangiarsi spesso il cul de' latini in gli ital. benchè per auricula noi diciamo orecchia, non oreglia, come i francesi. (25. Marzo. dì della SS. Annunziata 1824.). {{Diciamo anche, ed oggi meglio, orecchiare.}} Speculum - speglio antico e poetico. (26. Marzo. 1824.).

[4072,1]  Diminutivi positivati. Piscis - poisson. Notisi che de' diminutivi positivati {delle lingue moderne} altri hanno la diminuzione latina e questa o sonante diminuzione anche nelle lingue moderne o no, altre la diminuzione moderna affatto e non latina (18. Aprile. Pasqua. 1824.) e questa talora è diminuzione in quella tal lingua, talora in essa no, ma in altre moderne o in altra, sia sorella sia straniera, e sia che quella tal parola si trovi veramente in quest'altra lingua o non vi si trovi più, almeno con quella diminuzione. P. e. potrebb'essere che alcune voci francesi in in ine ec. in cui questa desinenza è additizia, perchè esse parole si trovano senza tal desinenza in latino o in italiano ec. sieno originariamente diminutivi positivati presi dall'italiano, quando  4073 bene in questo non si trovino più, almeno colla diminuzione, nè positivata nè veramente diminutiva. (19. Aprile 1824.). {{Così dicasi de' verbi, ec.}}

[4089,3]  Il diminuimento spagnuolo in ico {ica} dee venire dal latino iculus, icula, iculum, come ho detto altrove pp. 3514-15 di altre diminuzioni spagnuole italiane francesi. (17. Maggio. 1824.).

[4090,3]  Rodo - rosum - rosicchiare, rosecchiare, rosicare (volg.). Frequentativo o diminutivo. (20. Maggio. 1824.).

[4105,1]  Dilettare - dileticare coi derivati ec. frequentativo o diminutivo alla latina, e può anche aggiungersi agli esempi delle forme frequentative italiane di verbi, da me altrove raccolte. Avvertasi però che ha un significato diverso da dilettare, e forse è corruzione di solleticare, e così diletico, che altrimenti sarà un diminutivo o frequentativo di diletto. {Farneticare.} (29. Giugno. Festa di S. Pietro. giorno mio natalizio. 1824.).

[4117,6]  Scappare - scapolare.

[4149,1]  Strascinare - strascicare, strascico ec. Biasciare - biascicare.

[4151,1]   4151 Germer, germinare lat. e ital. - germogliare quasi germiculare o germuculare, o germinuculare. Così germoglio, quasi germiculus o germuculus, diminutivo positivato di germen, germe. - Spiccare - spicciolare, spicciolato ec. Abbrustolare, abbrustolire ec. Aggrumolare. Aggroppare - aggrovigliare.

[4168,1]   4168 Pece, pegola, impegolare ec.

[4173,1]  Piaggia, spiaggia, diminutivi positivati di plaga, da plagula, come nebbia da nebula, ec. ec.

[4196,1]  Dove parlo p. 1230 p. 3001_3 di repo, repto, inerpicare ec. osservisi che i Latini hanno anche erepo. Sueton. Tiber. cap. 60. {{V. Forcellini. Irrepo, subrepo, adrepo ec.}}

[4239,4]  Misceo, mixtus, misto - mestare (quasi da mesto per misto, come meschio per mischio, e meschiare, mescolare ec.) rimestare - mesticare (noi marchegiani diciamo più alla latina misticare, misticanza ec.); coi derivati.

[4257,4]  Undatus - undulatus. Ondato - ondeggiato, ondare - ondeggiare, coi derivati ec. ondazione (Segneri ib. c. 16. §. 2.) - ondulazione, undulazione (Alberti). Ondoyer, ondoyé. Ondulation.

[4259,2]  Scappare - scapolare. Saltabellare. Scartabellare.

[4263,1]  Pennelleggiare. Tratteggiare.

[4280,2]  Badare - badigliare, sbadigliare ec.; badaluccare, badalucco ec. V. N. Ricoglitore, loc. cit. qui sopra, p. 162-3. {{Rosecchiare, rosicchiare.}}

[4283,5]  Bucherare. Spicciolato.

[4287,2]  Vagheggiare, bellissimo verbo.

[4287,5]  Béqueter. Nutrire, nodrire - nutricare nodricare. V. Forc. Frigere - fricasser.

[1111,1]  Non bisogna confondere questo genere di verbi che io chiamo continuativi, e che significano continuazione o maggior durata dell'azione espressa da' loro verbi originari, con quello de' verbi frequentativi,  1112 che importano frequenza della medesima azione, e hanno al tempo stesso una certa forza diminutiva. Questi (lasciando i frequentativi coll'infinito in essere che non possono esser confusi co' nostri continuativi) si formano essi pure dal participio in us o dal supino in um di altri verbi, troncandone la desinenza, ma sostituendo in sua vece non la semplice terminazione infinita are, o ari, bensì quella d'itare, o itari se il verbo da cui si formano è deponente (o passivo.) Così da lectus participio di legere, lectitare; così {da victus o victum di vivere, victitare; da missus di mittere, missitare;} da scriptus di scribere, scriptitare; {da esus di edere, esitare; da sessus o sessum di sedere, sessitare; da emptus di emere, emptitare} da factus di facio, factitare; da territus di terreo, territare; da ventus di venio, (o dal supino ventum), ventitare; {da lusus di ludere, lusitare; da haesus {+o haesum} di haerere, hęsitare;} {da sumptus di sumere, sumptitare; da risus di ridere, risitare di Nevio.} Eccetto però il caso che il participio o supino di quel verbo dal quale si doveva formare il frequentativo, cadesse in itus o itum, che allora sarebbe stato assai duro aggiungendo la terminazione itare, o itari, fare ititare, o ititari. In questo caso dunque troncata la desinenza us o um del participio o del supino aggiungevano la semplice desinenza are o ari, con che però il frequentativo veniva nè più nè meno a cadere in itare o itari. Così da venditus di vendere facevano venditare; {(non vendititare)} {+da meritus di merere, meritare; (il quale par continuativo e talora denotante costume), da pavitus antico participio di pavere, pavitare; da solitus ec. solitare;} da latitus antico participio, o da latitum antico supino di latere, fecero  1113 latitare; {da monitus di monere, monitare; da domitus di domare, domitare; da dormitus o dormitum di dormire, dormitare; da licitus di liceri, licitari; da vomitus di vomere, vomitare; da territus, territare;} da itus o itum del verbo ire, itare; da pollicitus di polliceri, pollicitari; da exercitus part. di exercere, exercitare; da citus part. di cieo, citare, e i suoi composti; {+da strepitus o strepitum antico supino o participio di strepere, e da crepitus o crepitum di crepare, strepitare e crepitare; da scitus di sciscere o di scire, scitari, sciscitare e sciscitari; da noscitus o noscitum antico supino o part. di noscere, noscitare; da agitus antico particip. di agere, contratto poscia in agtus, e finalmente mutato in actus, agitare.} La quale eccezione merita d'esser notata, giacchè in questi casi la formazione de' frequentativi non differisce da quella de' continuativi, e si potrebbero confonder tra loro. Ed anche qualche verbo terminate[terminato] in itare o itari, ma formato da un participio o supino in itus o itum, apparterrà o sempre o talvolta ai continuativi, {(come p. e. agitare, domitare ec. e v. Forcellini in tinnito)} vale a dire non cadrà in detta desinenza, se non per esser derivato da un tal participio o supino. {V. p. 1338. principio.} Minitari e minitare formati da minatus di minari e minare, sono così fatti o per contrazione, e troncamento non solo dell'us ma dell'atus del participio, affine di sfuggire il cattivo suono atitare; o per mutazione dell'a del participio in i, fatta allo stesso effetto. {+Similmente rogitare da rogatus di rogare, coenitare da coenatus di coenare. V. p. 1154.} {{V. p. 1656. capoverso 1.}}

[1201,2]  Alla p. 1114. verso il fine. Il Forcellini ora fa derivare i continuativi da' frequentativi, {+(come ductare da ductitare)} ora questi da quelli. I continuativi da' frequentativi non derivano mai. Quanto ai frequentativi da' continuativi, io non nego che talvolta non possano essere derivati dai participi o supini di questi ultimi, cangiata l'a di detti participii o supini, in i, secondo quello che abbiamo stabilito p. 1154. Nel qual caso i verbi continuativi venivano a diventar positivi relativamente al frequentativo che se ne formava. P. e. saltitare può forse {anche} venire da saltatus di saltare, cambiata l'a in i, ed essere frequentativo {o diminutivo} non di salire, ma di saltare, cioè ballare. {+Infatti esso non vale saltellare, ma ballonzare o ballonzolare.} {+Questo però, posto che talvolta avvenga, avviene di rado, e la massima parte de' frequentativi derivano immediatamente da' positivi, e sono affatto indipendenti da' continuativi degli stessi verbi, o abbiano questi, o non abbiano continuativi. Ed è curioso che il Forcellini bene spesso chiama p. e. cursare frequentativo di currere, e cursitare che cosa? frequentativo di cursare. V. p. 2011.} (21. Giugno 1821.).

[1504,1]  Ogni volta che si troverà citato in questi fogli il Du Cange, Glossario latino-barbaro, si avverta che nella mia edizione, non è tutto del Du Cange. Vi sono parecchie giunte e correzioni de' Monaci Maurini editori, contrassegnate nei modi che si specificano nella loro prefazione p. 8. dopo il mezzo. (15. Agosto, dì dell'Assunzione di Maria Santissima. 1821.).

[1656,1]  Alla p. 1113. verso il fine. Si può notare che i verbi continuativi composti, cioè con preposizione o comunque (come subvectare ec. ec.) ora sono continuativi di altri verbi parimente composti (come di subvehere), ora sono immediatamente composti dal continuativo {semplice} del verbo semplice. {Si può qui recare l'esempio del verbo sustentare vero continuativo, non di tenere (onde il continuativo tentare) ma del suo composto sustinere. V. il Forcellini in Sustento. ex meis angustiis illius sustento tenuitatem, egestatem lenocinio sustentavit * ec. ec. Non avrebbe potuto dire sustineo, sustinuit. Sostentar la vita in italiano va benissimo; non però in vece sostenere per mantenere, evidente azione continuata.} E quindi ora hanno il significato analogo al continuativo del semplice, e modificato dalla preposizione ec. ora sono continuativi del significato del verbo composto che serve loro di positivo. Talvolta, anzi bene spesso hanno l'uno e l'altro significato. P. e. subjectare, ora vale gittar di sotto in su come composto di sub e jactare; ed ora sottoporre, metter sotto, come formato da subiectus di subiicere. V. Forcellini. (Quindi il nostro suggettare, soggettare, assoggettare ec. franc. assujettir, spagn. sujetar, i quali però hanno un senso ignoto alla buona latinità, e  1657 stanno propriamente per subiicere, perduto nelle nostre lingue, come gettare, jeter ec. {{cioè jactare,}} per iacere, e così molti altri continuativi.) {+Si trova anche in Corippo subjactare, millantare, che non ha altro senso se non di sub e jactare, di cui è composto.} Del resto i detti continuativi composti possono 1. non avere nessun composto che serva loro di positivo, o possa servire, 2. non avere nessun continuativo del semplice, da cui possano derivare, come adlectare da adlicere, non ha nessun continuativo del semplice lacere, da cui possa esser composto. ec. ec. ec. (8. Sett. 1821.). {+Quanto ho detto de' continuativi composti si applichi pure ai frequentativi composti.}

[2009,1]  Alla p. 1167. fine. Fluitare denota un participio fluitus di fluere (del qual verbo lo riconoscono derivato, chiamandolo suo frequentativo) in luogo di fluxus, da cui si sarebbe fatto fluxare. Fluxus è infatti un participio irregolare. Regolare par che sarebbe flutus, come da induere, indutus, e dall'inusitato nuere, l'inusitato nutus, o il supino nutum, da cui abbiamo e di cui fa fede il continuativo nutare, e il verbale nutus sostantivo, (come jussus us {+effectus us, sumptus us, ductus us ec. ec. nisus, us, visus us, ec., risus ec, situs us, positus us, ec. sortitus us, ec. victus us ec.} ec.) e così adnutare da adnuere, abnutare da abnuere ec. Ed io  2010 credo effettivamente che il vero benchè disusato participio (o supino) di fluere fosse flutus, onde flutare che si trova infatti in Lucrezio, detto più modernamente fluitare. Onde si può confermare la lezione Lucreziana che alcuni volgono in dubbio, e cangiano in fluctat e fluctuat. V. poi un altro esempio di flutare o flutari nel Forcell. voc. fluta, che non sembra essere altro che un participio femminile sostantivato come il greco ἁρπυῖα da ἅρπω inusitato. Forse anche fluctuare si disse originariamente fluctare, e non fu che un continuativo di fluere da un altro suo participio fluctus, giacchè fluctus us, non credo essere altro che un verbale di fluere, come nutus us di nuere, jussus us di jubere ec. i quali nel nominativo singolare non hanno altra forma che quella del participio in us de' verbi da cui derivano. Ovvero fluctare verrà da fluctum supino ec. {+Anticamente si disse fluctus i, come jussus i, ec.} {In verità fluctuare viene da fluctus us come effettuare da effectus us, e non è continuativo. V. p. 2019.}

[2036,1]  La ragione gramaticale che ho resa della formazione de' verbi continuativi, è applicabile ancora, per la loro parte, ai frequentativi. {+L'uno e l'altro genere di verbi io amo dunque per le dette ragioni, chiamarli piuttosto formati da' participii passati de' verbi positivi, che da' loro supini, come sogliono fare ordinariamente (non però sempre) i gramatici. E quanto ai participii in us dei verbi neutri ne ho parlato altrove pp. 1107. sgg.}

[2194,2]  Alla p. 1115. Così da usus di uti onde hanno i buoni latini usitari, usitatus, usitate, verbo, nome, avverbio frequentativi, s'è conservato nelle lingue moderne (non solo il frequentativo usitar spagnolo e il nostro usitato ec. e il francese usité) ma anche il continuativo usare, user ec. vero continuativo non solo per forma, ma per significato eziandio, e che perciò come ho detto altrove p. 1109 p. 2019, si può creder proprio dell'antico latino almeno volgare. V. il Gloss. in Usare. Così abbiamo abusare ec. Uti è meno continuo di usare, o usari. Si disse anche uto is. Forcell. utor in fine. (29. Nov. 1821.).

[2199,1]  Alla p. 1154. marg. Quanto però a mussitare io non credo che venga da mussatus ma da mussus, o quando anche venga da mussare, io non credo che che questo sia verbo originario ma continuativo da mussus. Il quale io stimo antico participio di mutire o muttire verbo usato dagli scrittori antichi {+(come da concutio ec. concussus, da sentire sensus, e non sentitus, concutitus ec. ec.)} Quantunque in Terenzio se ne trovi (non è però senza controversia) il participio mutitus. Il Forc. stesso, deriva mussare da mutire. Vedilo in Musso, Mutio, Mutitus. Mussitare però al solito lo dice frequentativo di Mussare, ma io lo credo immediato frequentativo di Mutire. Potrebb'essere però anche il contrario, trattandosi che mutire è verbo quasi disusato fra' latini del buon secolo, secondo ciò che ho detto p. 1201. dopo il mezzo. (30. Nov. 1821.).

[2225,1]  Alla p. 1167. Similmente abbiamo già notato p. 1114. fine, il continuativo anomalo visere di videre da visus participio pure o anomalo, o non {{di primitiva}} forma ec. E che questo sia veramente continuativo e in se, e ne' suoi composti vedilo in Virgilio sul principio delle Georg. Tuque adeo quem mox quę sint habitura deorum Concilia incertum est, urbisne invisere, * (ἐπισκοπεῖν presiedere) Caesar, Terrarumque velis curas[curam], et te maximus orbis Auctorem frugum, tempestatumque potentem Accipiat * ec. Non può esser più decisamente continuativo. Ponete invece, videre, {o} visitare, e sentirete subito la differenza del positivo, e del frequentativo dal continuativo. {V. p. 2273. fine. e Virg. Georg. 4. 390. revisit, consideralo bene, e provati di metterci il positivo, o di pigliare revisit per frequentativo. Puoi anche vedere ib. 547. 553. e tal uso di questo verbo è ordinario negli scrittori.} Lo stesso dico di questo luogo di Orazio (Od. 31. l. 1. v. 13. seqq.) Dis carus ipsis: * (parla del mercante) quippe ter et quater Anno revisens * (cioè solito di rivedere  2226 ogni anno; che ha che far questo col frequente? o col positivo? ec.) aequor Atlanticum Impune. * Ponete revidens se potete. Come potrebbe reggersi in tal luogo questo participio presente, se fosse o positivo o frequentativo? e se non volesse dire solito di ec. ed esprimere consuetudine, la quale è presente in ciascun momento su cui possa cadere la parola o la frase?

[2280,1]  L'italiano mescolare, il francese mêler, anticamente mesler, lo spagnolo mezclar derivano evidentemente da un latino misculare o misculari, il quale è tanto ben formato da miscere (da cui abbiamo pur mescere) quanto joculari da jocari, speculari da specere, {+gratulari da gratari,} ed altri molti. E questo misculari trovandosi in tre diverse lingue figlie della latina, dovè per necessità trovarsi in quella fonte da cui tutte tre (ciascuna indipendentemente dall'altra) derivarono, cioè nel volgare latino. Massimamente che le dette voci sono proprissime ciascuna della sua lingua, fino da' principii di questa. V. il Forcell. il Glossar. ec. che non ho consultati. Aggiungete che il francese e lo spagnolo non hanno altro verbo che risponda a miscere, onde si vede che misculare prevalse nell'uso volgare latino come infatti prevale  2281 nel med.[medesimo] uso volgare, il mescolare italiano al mescere. {+Similmente prevale (e questo è veramente il più volgare), prevale dico il mischiare, e questo è in anima e in corpo il misculare, o misculari latino, cambiato per proprietà di nostra pronunzia il cul, in chi, del che v. p. 980. marg. Diciamo anche meschiare, ma è meno usuale, e l'adoprarlo non è senza qualche affettazione o d'eleganza o d'altro. V. il Gloss. se ha nulla, e p. 2385.}

[2285,1]  Alla p. 2192. fine. Se alcuno volesse dire che i verbi ch'io chiamo continuativi, quando presso gli scrittori, si trovano, come non di rado avviene, in significato frequentativo o diminutivo, fossero contrazioni de' verbi in itare, (come prensare di prensitare) noti o ignoti, stieno in somma in vece di essi, e così vengano ad esser  2286 derivati dai frequentativi anzi veri frequentativi non solo per significazione ma anche per formazione ed origine gramaticale; non lo contrasterei più che tanto: benchè mi paia naturalissima e più verisimile quell'altra ragione ch'io adduco di tale uso de' continuativi, cioè le solite metamorfosi che nelle parole, frasi, forme, formazioni, significati ec. produce inevitabilmente il tempo, e il vario uso de' vari generi di scrittori, e parlatori. Chi può dubitare che le desinenze in ulus, e altre tali non fossero espressamente diminutive, e che i nomi o verbi ec. così formati, originariamente e propriamente non significassero diminuzione di quella cosa o {{azione,}} ch'era significata dal verbo o nome positivo? E nondimeno v. la p. 2281. dove ho dimostrato come questi diminutivi sì nell'antico ottimo latino scritto, sì nel volgare, sì nelle lingue sue figlie, sieno passati spessissimo a significazione positiva, divenuta  2287 loro così propria, che oltre che non significano più alcuna diminuzione, volendoli ridurre a diminuire, bisogna, come spesso si fa, soprattaccargli un'altra desinenza diminutiva. E ho mostrato ancora che perduti affatto i loro positivi, restano essi in luogo di questi, e con lo stesso preciso valore dei medesimi ec.

[2340,3]  Alla p. 1114. marg. Da motus di movere si ha siccome motitare, così anche motare della cui significazione continuativa, e di costume, ec. puoi vedere il Forcell. in moto, in motatio ec. e segnatamente in motator. (9. Gen. 1822.).

[2809,1]  Io non so quali abbiano ragione intorno all'origine del verbo latino accuso, o quelli che lo derivano da causa, o quelli che lo fanno venire da un verbo cuso continuativo di cudere, del qual cuso non recano però nessuno esempio. (V. Forcell. v. accuso fin. e v. cuso) Forse a questi ultimi potrebbe esser favorevole il nostro antico cusare, il quale se venisse da cuso e non da causari, o se non fosse uno storpiamento d'accusare, sarebbe un antichissimo tema perduto {o disusato} nel latino scritto, e conservato nell'italiano; e sarebbe il semplice dei verbi composti accuso, incuso, {excuso,} recuso. È da notare però che il nostro volgo (almeno quello della Marca) usa il verbo causare nel significato appunto del nostro antico cusare, e del latino causari, cioè in senso, {non di cagionare, ma} di recare per cagione o come  2810 cagione, accagionare: l'usa dico in questa frase avverbiale causando che, cioè atteso che, poichè. Il qual significato di causare e il qual modo avverbiale non è notato dalla Crusca, ma trovasi pure usato da Lorenzo de' Medici nella famosa lettera a Gio. de' Medici Card. suo figliuolo, poi Papa Leone X, verso il fine, dove però nella raccolta di Prose, stampata in Torino 1753. vol. 2. p. 782. trovo cagionando che per causando che, che sta nelle Lettere di diversi eccellentissimi huomini, raccolte dal Dolce, Venez. appresso Gabriel Giolito de' Ferrari et fratelli 1554. p. 303. e nelle Lettere volgari di diversi nobilissimi huomini et eccellentissimi ingegni stampate da Paolo Manuzio in Venez. 1544. carte 6. p. 2. (In ogni modo anche la frase avverbiale cagionando che manca nella Crusca) Nelle Lettere di XIII Huomini illustri, Ven. per Comin da Trino di Monferrato 1561. p. 485. trovo pensando che. Vedi il Magnifico di Roscoe, dove quella lettera è riportata.

[2815,1]  Sono molti verbi formati da' participii in us, i quali non esprimono azione continuata, nè costume di fare quella tale azione, o non l'esprimono sempre, e nondimeno anch'essi, ed anche in questo caso, sono veri continuativi, e il Forcellini e gli altri che li chiamano frequentativi, sbagliano, ed usano una voce impropria, parlando  2816 con tutto rigore ed esattezza. Per esempio iactare nel luogo dell'Eneide 2. 459. ed exceptare nelle Georg. 3. 274. sopra i quali luoghi ho disputato altrove p. 1107 p. 1140, non esprimono azione continuata per se stessa, giacchè l'azione di lanciare, e {quella} di ricever l'aria col respiro non sono azioni continue, ma si concepiscono come istantanee; nè anche significano costume di lanciare o di ricevere; ma moltitudine continuata di queste tali azioni, cioè di lanciamenti, per così dire, e di ricevimenti, che senza interruzione e per lungo tempo succedono l'uno all'altro. Questa è idea continua, e bene, in questo caso, si chiameranno continuativi quei tali verbi, e non potranno per nessun modo chiamarsi altrimenti con proprietà. Malissimo poi si chiameranno frequentativi, giacchè ben altro è il fare una cosa frequentemente, ed altro il ripetere per un certo maggiore o minor tempo una stessa azione continuamente, quando anche quest'azione per se non sia continua, e si fornisca nell'istante. Questa è continuità di fare una stessa azione, ben diversa dalla frequenza di fare una stessa azione. La qual frequenza suppone e considera degl'intervalli, maggiori  2817 minori, e più o meno numerosi che sieno, durante i quali quell'azione non si fa; laddove la detta continuità non li suppone, ed ancorchè, come è naturale, sempre vi sieno, pure, siccome minimi, non li considera. Avendo l'occhio a queste osservazioni si vedrà quanto gran numero di verbi latini detti frequentativi, lo sieno impropriamente, e quante significazioni credute frequentative, e che tali paiono a prima vista, perchè rappresentano ripetizione di una stessa azione, contuttociò non lo sieno, ma sieno veramente continuative. Bisogna sottilmente distinguere, come abbiamo mostrato, e non credere che qualunque verbo esprime ripetizione di una stessa azione, sia frequentativo, nè che questa ripetizione sia sempre lo stesso che la frequenza d'essa azione. {La successione di più azioni di una stessa specie è ben altra cosa che la frequenza di esse.} E con questo criterio, siccome cogli altri che abbiamo dati in vari luoghi circa le diverse significazioni de' verbi fatti da participii in us, si correggeranno infiniti errori de' grammatici e lessicografi; rettificherannosi infinite loro definizioni; conoscerassi e distinguerassi partitamente il vero spirito, e la vera e varia proprietà e forza de' verbi formati da' suddetti participii; e vedrassi come il senso frequentativo,  2818 ch'è solamente l'uno dei tanti che ricevono essi verbi, sia stato male scelto o preso a denotare e denominare e definire tutti questi verbi, ed anche considerato come l'unico loro proprio senso. Il che è lo stesso che porre la parte per il tutto. E quando ciò s'abbia a fare, meglio converrà a questi verbi il nome di continuativi, il qual nome abbraccia un assai più gran numero delle varietà proprie del significato di questi verbi. Le quali varietà non ancora considerate nè dai grammatici nè dai filologi nè dai filosofi, e nondimeno necessarissime a considerarsi e distinguersi per ben penetrare nell'intima proprietà ed eleganza, ed anche nell'intimo e vero senso e valore della lingua latina, {+e nell'intelligenza dell'efficacie, delle bellezze ec. dei passi degli scrittori,} noi abbiamo proccurato di dichiarare ed esporre, sì ai grammatici e filologi, come ai filosofi e a' letterati. (25. Giugno 1823.).

[2821,2]  Verbi in tare i quali sono continuativi, benche[benchè] paiano tutt'altro, e non apparisca a prima vista questa loro qualità. Confutare, refutare ec. sono continuativi, {o} composti da futare, o derivati da confundere ec. E futare viene dal participio di fundere, il qual participio ora è fusus, ma anticamente futus. Vedi Forcellini in Confuto initio vocis, in Futo ec. {Da altro participio pur di fundo, e pure antico e inusitato, cioè funditus, viene funditare.} (26. Giugno 1823.) {{V. p. 3585. 3625.}}

[2826,1]  È da notare che la nostra ben distinta teoria della formazione grammaticale de' continuativi e frequentativi, giova ancora a dimostrare evidentemente l'antica esistenza ed uso de' participii o supini di {moltissimi} verbi che ora ne mancano affatto, mentre però esistono ancora i loro continuativi o frequentativi {come fugitare dimostra fugitus o fugitum di fugio, che altrimente non si conoscerebbe, e così cent'altri}; ovvero di participii e supini diversi da quelli che ora si conoscono, come agitare dimostra il part. agitus diverso da actus, {noscitare noscitus diverso da notus,} {+futare e funditare futus e funditus, ambedue diversi da fusus, (v. la p. 2928 sgg. 3037.)} quaeritare quaeritus, diverso da quaesitus che non è di quaero, ma di quaeso, {benchè a quello s'attribuisca, e simili.} E serve ancora ad illustrare e mettere in chiaro l'antico uso e regola seguíta  2827 da' latini nella formazione de' participii in us e de' supini, come ho fatto vedere altrove pp. 1153-54 in proposito di agitare; e la vera origine di molti participii più moderni, come actus, e la loro ragione grammaticale; e spiega e scioglie molte anomalie apparenti {ec.} ec. {{ec.}} (27. Giugno. 1823.).

[2836,1]   2836 Solae communes natos, consortia tecta Urbis habent * (apes), magnisque agitant sub legibus aevum. * Georg. l. 4. v. 153-154. Qui il verbo agito non può esser più continuativo di quel ch'egli è; e veramente non so chi possa avere il coraggio di dire ch'egli in questo e ne' simili luoghi sia frequentativo. (28. Giugno 1823.).

[2842,1]  Continuativi delle lingue figlie della latina. Diventare ital. da devenio - deventus. Sepultar spagn. da sepelio - sepultus. Questo verbo sepultare trovasi usato da Venanzio Fortunato poeta e scrittore italiano del sesto secolo, Carm. lib. 8. Hymno de vitae aeternae gaudiis. (Glossar. Cang.) { Pressare, presser, prensar, oppressare, oppressé, soppressare, expressar ec. da premo - pressus. V. il Glossar. Tritare da tero - tritus. Il Gloss. Tritare, Frequenter terere, Ioh. de Ianua, cioè genovese del secolo 13.o, autore di un Lessico edito. Cautare, incautare da caveo - cautus. V. il Glossar.} Gozar spagnuolo da gaudeo - gavisus. Fecesi ne' bassi tempi di gavisus gausus, onde gosus, onde gosare, e gozar. Ovvero di gavisus gavisare, gausare, gosare, gozar. Trovasi nelle antiche glosse latino - greche gaviso - χαίρω. V. il Glossar. Cang. in Gavisci, ed anche in Gavisio, Gausida (goduta sostantivo) e Gausita. Vedi quivi anche Gauzita, dove trovi già il z di Gozar. Da questo, o da gavisio, gausio, gosio, {+anzi da gavisus us, gausus, gosus} credo io che sia fatto lo spagnuolo gozo godimento, piuttosto che da gaudium. Gozar assai spesso, {come} il nostro godere e il francese jouir, è vero continuativo di gaudere, non meno per il significato che per la forma, equivalendo a frui. Il verbo jouir, jouissons, jouissez, jouissent ec. dee esser venuto similmente da gavisare, prima che {questo} fosse mutato in  2843 gausare, {e ne sparisse la i, che manca in gozar,} ma contuttociò è più sfigurato. Così dite di joie, {jouissance, joyeux ec. e di} gioia, gioire, ec. {che di là vengono.} Pransare o pranzare ital. da pransus di prandeo onde il frequentativo latino pransitare. Incettare non da un barbaro incaptare, come pensa Giordani nel principio della lettera a Monti, Proposta vol. 1. parte 2., ma appunto da un inceptare mutato l'a di captare in e per virtù della composizione, come in attrectare, contrectare, detrectare, {obtrectare,} ec. da tractare o da detractus ec. di detraho, in affectare ec. da affectus di afficio il quale viene da facio, in coniectare, subiectare, obiectare ec. da coniectus di coniicio che viene da iacio, {+in descendo, ascendo ec. da scando, in occento da occentus di occino da cano, in aggredior ec. da gradior, in accendo, incendo, succendo da candeo o dall'inusitato cando, v. p. 3298.} e in {molti} simili, {+benchè più generalmente e regolarmente l'a della prima sillaba de' verbi dissillabi, {#1. V. p. 3351. si muti per la composizione in i. (e puoi vedere la p. 2890.)}} Incepto da inceptus d'incipio è tutt'altro verbo. Da capto, o certo da capio vengono excepto, recepto, {accepto, intercettare, discepto,} ec. i quali pure mutano l'a in e, e non fanno excapto, recapto ec. {V. p. 3350. fine. 3900. fine.} Avvisare nel suo senso proprio (vedi la Crusca in avvisare §. 1. 2. 3.) è verissimo continuativo di avvedere nel senso suo primitivo. Ma non può esser fatto da questo verbo italiano, il quale ha per participio avvisto e avveduto, non avviso. Conviene che sia fatto da advisus di advidere, il qual verbo {oggi} non si trova nella buona latinità. {Puoi vedere la p. 3034.} Trovasi però nella bassa il verbo advidere in senso di avvertire, che io credo metaforico,  2844 e in questo e simili sensi il verbo advisare e avisare. {V. il Glossar. Cang.} Anche i francesi e gli spagnuoli, che non hanno il verbo avvedere, hanno aviser e avisar, ma l'usano in quei sensi metaforici ne' quali l'usiamo anche noi. Nel senso proprio nel quale egli è più dirittamente continuativo del suo verbo originale advidere, non credo ch'egli si trovi se non nella nostra lingua, e principalmente nei nostri antichi autori. Noi diciamo anche avvistare, ed equivale a un di presso ad avvisare nel senso proprio, o nel più simile a questo. {+V. p. 3005.} Advidere dovette propriamente significare {adspicere,} oculos advertere, e quindi anche animum advertere. (Nell'esempio che ne porta il Glossario, non mi risolvo s'ei voglia dire animadvertere, o commonere, come il Glossario spiega). Nel qual senso, avvisare preso nel significato proprio, è suo vero continuativo, esprimendo la stessa azione, ma più durevole. {Si può dir simile ad adspectare.} Noi non usiamo advidere se non reciproco, cioè neutro passivo, sempre però in significato simile ai sopraddetti, o {che questo} sia relativo agli occhi che propriamente vedono, o all'animo che considera e conosce. Chi vuol ridere e nuovamente vedere quanti spropositi abbia fatto dir la poca notizia finora avutasi della formazion de' verbi  2845 latini e latinobarbari da' participii o supini d'altri verbi, vegga la bella etimologia di advisare che dà l'Hickesio presso il Cange nel Glossario. Vedi la Crusca anche in avvisamento §. 3. e in avvisatura. (29. Giugno, mio dì natale. 1823.) {{V. p. 3019.}}

[2865,2]  Suppeditare se viene da sub e pedes (v. Forcell., donde si ha tolta quella giunta e desinenza d'itare? Io lo credo fatto da qualche participio, e però continuativo d'altro verbo perduto. (1. Luglio. 1823.). {+Cioè da suppedio - suppeditus conforme a impedio - impeditus, expedio, praepedio ec. che pur vengono da pes, ma non hanno il t nel tema, perchè non son fatti da' participii. È da notare però che l'i di suppedito è breve, e in suppeditus sarebbe lunga. Ma credo v'abbiano molti altri esempi di questo, che l'i de' verbi in ito sia sempre breve, ancorchè fatti da participii in itus lungo. Certo da' participii in atus si fa ito breve. V. la p. 3619.}

[2923,3]  Il verbo avere in senso di essere, usato impersonalmente dagl'italiani da' francesi dagli spagnuoli, talora eziandio personalmente dagl'italiani (v. il Corticelli), non è altro che il latino se habere (il qual parimente vale essere) omesso il pronome. Il volgo latino dovette dire p. e. nihil hic se habet, qui non si ha nulla, cioè non v'è; poi lasciato il pronome, nihil hic habet, qui non v'ha nulla. Cicerone: Attica belle se habet * col pronome, e altrove: Terentia minus belle habet: * ecco lasciato figuratamente il pronome nella stessa frase. (Forcell. in Belle). Bene habeo, bene habemus, bene habent tibi principia sono  2924 tutte locuzioni ellittiche per l'omissione del pronome se, nos, me. Bene habet, {optime habet,} sic habet; ecco oltre l'omission del pronome se, anche quella del nome res. Onde avviene che in queste locuzioni, che intere sarebbono bene se res habet, sic se res habet, il verbo habere per le dette ellissi venga a trovarsi impersonale. Ed ecco nel latino il verbo habere in significato di essere, neutro assoluto, cioè senza pronome, e impersonale. Quis hic habet? chi è qui? In questo è[e] negli altri luoghi dove il verbo habere sta per abitare in significato neutro, esso verbo non vale propriamente altro che essere; e habitare altresì ch'è un frequentativo o continuativo di habere, sempre che ha senso neutro, sta per essere. E questa forma è tutta greca: giacchè presso i greci ἔχειν, la metà delle volte non è altro che un sinonimo di essere, e s'usa in questo senso anche impersonalmente, come in italiano, francese e spagnuolo, tutto dì. {V. p. 3907.} Così anche nel greco moderno a ogni tratto.  2925 Δὲν ἔχει, non ci è, non ci ha. (9. Luglio. 1823.).

[2925,1]  Intorno al verbo habitare, che per virtù della sua formazione può essere è[e] continuativo e frequentativo, si considerino gli esempi del Forcellini, in alcuni de' quali (come in quello di Cic. de Senect. c. ult.) egli ha decisissimamente il primo significato, in altri il secondo: o vale solere habere cioè esse ec. E vedi ancora il primitivo habere nel senso del continuativo habitare (dal qual senso deriva quello di questo verbo) nel Forcellini in habeo col. 3. (9. Luglio. 1823.).

[2930,1]  Pinso pinsis pinsi et pinsui, pinsum et pinsitum et pistum. Da pinsus o da pinsitus, pinsitare appresso Plauto, se questa voce è vera. Da pistus pistare appresso il Forcellini e il Glossario (vedilo in Pistare e Pistatus), onde il nostro pestare che volgarmente si dice anche oggi più spesso pistare, siccome pisto per pesto. (V. il Glossar. in pestare). Pisto rimane eziandio nello spagnuolo, ed è un aggettivo neutro sostantivato che vale quello che noi diciamo il pollo pesto. {Tutti tre questi participii di pinso sono comprovati con esempi, e non da me congetturati. V. Forcell. in ciascuno di loro, e in pinso.}

[2935,2]  Cespicare, incespicare, incespare. Vedi il Forcellini in Caespitator e il Glossario in Cespitare. (10. Luglio. 1823.).

[2972,2]  Prisciano riconosce il verbo legito da lego, invece di lecto o di lectito che pur sussistono. Questo legito conferma quello ch'io ho detto altrove p. 1113 pp. 1153-54 pp. 2826-27 in proposito di  2973 agito, cioè che gli antichi, anzi originali, propri e regolari participii di questi tali verbi fossero p. e. agitus, legitus, docitus, onde per sincope agtus, legtus, e in ultimo actus, lectus, doctus. E ci dimostra evidentemente l'originale, primitivo e perduto participio di lego, cioè legitus. E non ha che far con rogito, come dice il Forcell. o Prisciano stesso appo lui, il quale non viene da rogitus, ma da rogatus, come mussito da mussatus, e come ho provato largamente altrove p. 1113 p. 1154. Giacchè il tema di rogito, cioè rogo appartiene alla prima coniugazione, e non alla terza come lego, nè alla seconda come doceo, e però la formazione del {suo} continuativo o frequentativo è soggetta a un'altra regola, da me altrove stabilita p. 1113. Eccetto se rogo non avesse anticamente avuto un participio anomalo rogitus (come domo domitus), del che mi pare aver detto altrove p. 1113 p. 1154, inducendomi in questo sospetto la voce rogito, cioè rogato (quasi un {aggettivo} neutro sostantivato), la qual voce è latino-barbara (v. il Glossar. Cang.) come  2974 e italiana. (15. Luglio 1823.).

[2974,1]  Urito presso Plauto, se questa voce è vera, dimostra il perduto e regolare participio uritus di uro, in vece di ustus, onde ustulo ec. 1879 (16. Luglio 1823.). {{V. p. 2991.}}

[2984,2]  Usitari e altri tali frequentativi o diminutivi da me notati [pp. 1111-13. sgg.]pp. 1114. sgg. poscia qua e là, sono da aggiungersi a quelli che io notai già tutti insieme per dimostrare che molti verbi hanno il frequentativo in itare senza avere il continuativo in tare, contro il Forcellini che spesso dice quello esser derivati[derivato] da questo.  2985 (17. Luglio 1823.).

[2985,1]  Se molti continuativi latini non hanno una significazione continuativa {del verbo originale,} ma uguale o poco diversa da questo, ciò non toglie che la virtù della loro formazione non sia veramente continuativa, e che la proprietà loro non sia tale, benchè non sempre osservata {e custodita} dagli scrittori latini, e in alcuni verbi non mai, per le ragioni dette altrove. Che se questa obbiezione valesse, ella varrebbe nè più nè meno contro coloro che chiamano quei verbi frequentativi, non trovandosi ch'essi abbiano sempre o tutti un significato diverso da' verbi originali, e varrebbe anche circa quei medesimi verbi in itare ch'io dico esser veramente frequentativi di formazione. P. e. il Forcell. in parito dice ch'egli è frequentativo di paro (e per formazione può infatti esser non meno frequentativo che continuativo), soggiungendo et eiusdem fere significationis. * Così {+in haesito, e} spessissimo. Dunque la detta obbiezione farebbe tanto contro i passati grammatici e le passate denominazioni e teorie de' verbi formati  2986 da' participi in us, quanto contro di me e delle mie denominazioni, distinzioni e teorie. {+Se tali verbi non hanno senso continuat.[continuativo], neanche l'hanno frequentat.[frequentativo.] Dunque l'obbiezione non è più per me che per gli altri.} (17. Luglio 1823.).

[3020,2]  {Alla p. 2997.} Similmente da un verbo della seconda è fatto sedare, il quale spetta indubitatamente a questa categoria, e viene da sedeo, e per significato n'è un continuativo. Sedare si trova ancora in signif. neutro come sedeo, e questo dev'essere il suo primitivo. {Anche miseror aris - misereor eris della seconda, se quello però non viene da miser.} Ora paragonate quel passo di Stazio: his  3021 dictis sedere minae * , cioè, dice il Forcell. (in Sedeo col. ult.) sedatae sunt, ossia cessarono o si mitigarono, con quell'altro antico postquam tempestas sedavit, cioè cessò o si mitigò. Sedare pulverem ap. Fedro è sedere vel considere vel residere facio. Sedare curriculum è sedere facio in quanto sedere significa talora consistere, fermarsi. Il Forc. stesso spiega Sedo per facio ut aliquid residat. Vedilo in Sedeo e Sedo e paragona {insieme} gli esempi e i significati dell'uno e dell'altro, ed anche dei composti di Sedeo ec. Nota che sedeo ha anche il suo verbo formato dal participio in us, cioè sessitare. (24. Luglio. 1823.)

[3023,1]  Necesso as è verbo di Venanzio Fortunato. V. Forcell. e Gloss. Cang. Si potrebbe però credere che fosse antico, e che necessus a um antico addiettivo fosse originariamente participio di qualche verbo di cui necesso fosse continuativo. In tal caso necessitare latino-barb. e italiano, necessitar spagn. nécessiter franc. sarebbe un frequentativo di questo tale ignoto verbo. In caso diverso, se non vorremo ch'ei venga da necessitas, necessità, nécessité ec., diremo ch'egli è fatto da necessatus di necesso, colla solita mutazione dell'a in i. Nótisi che nell'esempio di Venanz. Fortun. non è chiaro se necesso sia attivo, e vaglia cogo, come affermano il Forcell. e il Gloss. ovvero neutro, e vaglia abbisognare aver mestieri, indigere, poscere, come in ispagn. necessitar che si costruisce col genitivo. (24. Luglio. 1823.).

[3032,1]   3032 Visto ital. e spagn. participio di vedere, è manifesta contrazione di visitus, come quisto, chiesto ec. di quaesitus (v. p. 2893. sqq. ). Così vista sust. verbale ital. e spagn. è contrazione di visita voce latinobarbara per visitus us cioè visus us. Così i composti di vedere hanno p. e. avvisto, rivisto, provvisto ec. La voce vista per veduta, e con altri sensi simili, ch'ella ha pure appresso di noi, è latino-barbara. Vedila nel Glossario. E ch'ella sia contrazione di Visita, com'io dico, e quindi visto sia contrazione di visitus, vedi il Glossario med. in Vista 4. Ora consideriamo.

[3064,2]  Alla p. 3061. Che assare venga da ardere, e sia lo stesso che arsare, oltre la verisimiglianza ch'ha in se medesimo, considerando i significati di tali verbi, si fa eziandio più probabile osservando che il nostro arrostire (franc. rôtir) ch'equivale ad assare, viene da urere ch'equivale quasi ad ardere (preso attivamente, come noi {sovente} lo prendiamo, e come bisogna considerarlo nel caso nostro: v. Forcell. in ardeo e arsus participio pass., i Diz. franc. in arder, e lo spagn.). E che arrostire venga da urere, si dimostra guardando ch'egli è corruzione {+(o che altro si voglia)} d'abbrostire il quale {originariamente} è il medesimo verbo; e che abbrostire è quasi il medesimo che abbrostolire, il qual è corruzione di abbrustolare; e che abbrustolare, detratte le lettere abbr (non so come premessegli) è appunto il latino ustulare, il cui significato è nè più nè meno quello di abbrustolare; e che ustulare è fatto da ustus di urere. Abbrustiare voce fiorentina è quanto al materiale lo stesso che abbrustolare, mutato il tol  3065 (lat. tul) in ti, secondo il costume della lingua nostra (e massime della fiorent. e toscana), come da oc-ul-us occh-i-o, da masc-ul-us masch-i-o, che i fiorent. dicono mastio ec. come ho detto altrove p. 2358 (così da misc-ul-are misch-i-are, i fiorentini mistiare). Le lettere abbr {abr} o br paiono nelle nostre lingue esser proprie, non so perchè, delle voci di questo tal significato o simile; come in abbrostire e ne' sopraddetti (i franc. non conservano che l'r, cioè rostir, ma questa sembra essere un[un'] aferesi di abbrostire, o abrustire che sarebbe un vero latino - barb.), {in} brustolare, abbruciare ec., bruciare ec., abbronzare ec. abbruscare (v. l'Alberti), brûler, abrasar ec. Forse queste tutte sono corruzioni del latino amb (ambustus, amburere ec.). Veggasi il Glossario se ha nulla in proposito. Veramente abbruciare, bruciare, brûler, abrasar sembrano non appartenere al latino, e da quella origine da cui essi vennero, fu tolto forse ancora l'uso di premettere le lettere abbr, abr, br ad altre voci di significato affine al loro,  3066 benchè {venute} d'altra origine, cioè latina ec. (30. Luglio. 1823.).

[3071,1]  Dompter da domitare, inseritoci il p, come in emptus, sumptus {(sumpsi ec.)} e simili, e come alcuni fanno in temptare che nel Cod. de Rep. di Cic. è scritto temtare, come anche si scrive emtus, sumtus, peremtus ec. {Veggasi la p. 3761. fine.} E il Richelet nel Diz. scrive domter con tutti i suoi derivati similmente, {+e vuol che si pronunzi donter, dontable ec. così anche altri Dizionari mod.ni.[moderni]} Così dompnus e domnus contratto da dominus. E a questo discorso appartiene la voce somnus fatta da ὕπνος, e, come dice Gellio, da sypnus - o supnus - sumnus - somnus. {+V. il Glossar. se ha niente che faccia a proposito.} (31. Luglio. 1823.).

[3074,1]  Appellito as da appello - appellatus, onde lo spagn. apellidar, apellido sostantivo ec. (1. Agosto. 1823.).

[3182,1]  Trembler, temblar sono verbi diminutivi, cioè fatti da un tremulare, il quale è da tremere, come misculare (onde mesler, cioè mêler, mezclar, mescolare, meschiare, mischiare) da miscere, secondo che ho notato altrove pp. 2280-81 pp. 2385-86. Ma essi verbi trembler e temblar hanno il senso del positivo tremere che nel franc. e nello spagn. non si trova. Noi abbiamo e tremare e tremolare, quello positivo, e questo, così di forma come di significazione, diminutivo. Diciamo anche tremulare, o piuttosto lo dicevano i nostri antichi, più alla latina, benchè questo verbo nel buon latino non si trovi. Trovasi però nel  3183 basso latino: v. il Glossar. Cang. Gli spagnoli dicono pure tremolar (Solìs Hist. de Mexico, l. 1. capit. 7. princip.), ma attivamente per agitare, dimenare, sventolare (come tremolar unas vanderas nel cit. luogo del Solìs), alla qual significazione par che appartenga l'ult. esempio del Gloss. Cang. in Tremulare. (17. Agos. 1823. Domenica.) {Il Franciosini scrive tremular, lo chiama vocabolo barbaro, e lo spiega tremare.}

[3235,1]  Saluto as si deriva da salus. Ma io l'ho in forte sospetto di continuativo fatto da salveo-salvitus (antico), mutato in salutus, ovvero da salvo, mutato il part. salvatus parimente in salutus. (V. Forc. in Saluto, fin. e in Salvo). Giacchè spessissimo la lingua latina, massime antica, scambiava tra loro l'u e il v, mutando questo in quello, o per lo contrario. Così lavo ne' composti diviene luo: ed ablutus si dice in luogo di ablavatus. Così lautus per lavatus, fautam per favitum. A questo proposito noterò il continuativo lavito. Forcell. Cerebrum in fine. {+E commentor e commento, {a} particip. commentus verbi comminiscor * (forse anche comminisco), dice il Forcell.; e notate che qui non dice dal supino, cioè da commentum, come suole.} (22. Agos. 1823.).

[3246,2]  Alla p. 3235. Placeo es - placo as. {+Placeo ha pur Placito as. Notisi che questo placo viene da un verbo della seconda maniera, non della 3.a.} Convivo is - convivo as e convivor-aris. Convitare, e combidar (franc. convier), quasi convictare è un regolar continuativo di convivo is - convictus. Quando però non fosse o una corruzione, o piuttosto un fratello (comune, come vedete, a tutte le tre lingue figlie), d'invito as, il qual verbo donde viene? forse da vita? o forse è un continuativo dell'anomalo continuativo inviso is - invisus, quasi invisare, mutata la s in t, come non di rado si scambiano queste lettere ne' participii (fixus - fictus etc.), o è una diversa inflessione d'inviso is medesimo, e più regolare? Del resto, se non convivo is, certo il suo semplice vivo is, ha {forse} il regolare continuativo victo as, e senza dubbio il frequentativo victito. Vedi poi il Glossario, se ha nullo[nulla] in proposito per le suddette cose. (23. Agos. 1823.). {{V. p. 3289.}}

[3264,3]  Alla p. 2996. marg. - vengono cred'io da medeor (medeo ancora si disse, poichè medeor si trova pure passivo), non da medicus. Lo deduco appunto dal veder medicor deponente come medeor, (laddove medico corrisponderà all'{antico} medeo), e dal vedere ancora che medicatus e medicatus sum suppliscono pel verbo medeor che manca del preterito e del part.[participio] in us. V. Forc. in Medeor. fine. {Veggasi la p. 3352. sgg. circa il continuativo meditor di medeor fatto dal suo participio in us.} (26. Agos. 1823.).

[3283,1]  Confictito da confingo - confictus o dal semplice fingo - fictus. (27. Agos. 1823.).

[3299,2]  Del resto s'io dico p. 2036 che i continuativi e i frequentativi si facevano da' participii in us, piuttosto che da' supini (in um o in u), intendo dell'origine di questa formazione, e de'  3300 suoi primi tempi, e dell'antichità ec. In séguito, quando anche l'altre proprietà di tali verbi così formati erano già mal note, trascurate, cambiate ec. come altrove ho detto, non contendo che {chi} {voless}e formare nuovi verbi di questo genere, non li formasse piuttosto dal supino che dal participio in us del verbo originale (sia che questo participio non esistesse più, o che fosse per anche in uso), o vero indifferentemente dall'uno o dall'altro; o che mancando ancora il supino, non facesse che seguire l'analogia degli altri verbi così formati. Solamente osservo {1.o} che non perchè molti continuativi e frequentativi che si leggono negli scrittori dell'aureo tempo o de' molto posteriori, non si trovino ne' più antichi, si dee perciò sempre e facilmente conchiudere ch'essi fossero allora nuovi, e coniati appunto da quello o da quegli scrittori, o in quel secolo in cui lo troviamo. 2.o Che l'uso di participii in us di verbi neutri, e d'altri di verbi attivi in significati attivi, non fu solamente proprio dell'antichissima latinità, ma anche dell'aurea, e della declinante e corrotta eziandio (fino {forse} a passare alle lingue  3301 figlie: v. la p. 3072.), come apparisce dal luogo di Velleio altrove da me notato p. 1107, e dai vari esempi degli autori che usarono i cosiffatti participii da me sparsamente notati (i quali esempi si possono vedere nel Forcellini), sia che li prendessero a uno a uno da' più antichi, o dall'uso d'allora; o che l'uso durasse in genere per tutti o quasi tutti i verbi neutri e attivi, ad arbitrio dello scrittore e del parlatore, o pur dell'uno soltanto o dell'altro ec. (29. Agos. 1823.).

[3350,3]  Continuativo. Mutito e mutuito. V. il Forc. in ambedue queste voci. (4. Sett. 1823.).

[3352,1]   3352 Nisi me omnia fallunt, il verbo meditor è un verissimo e perfettissimo continuativo di medeor. Continuativo pel significato, e continuativo per la forma e la derivazione.

[3234,2]  Alla p. 2999.[2998,3.] ult. linea Crepo is ui itum sarebbe come strepo is ui itum, da cui strepitare, come appunto da crepo as o is, crepitare. E crepo as riterrebbe o torrebbe in prestito il perf. e il supino di crepo is, cioè crepui itum, come appunto accubo ec. quelli di accumbo ec. cioè accubui itum. Profligo  3235 as è da fligo is, onde affligo is, confligo is ec. che hanno i continuativi afflicto, conflicto ec. fatti regolarmente da' participii. V. Forc. in Profligo e proflictus. (22. Agos. 1823.). {{V. p. 3246. e 3341. 3987.}}

[3477,1]  Sonito da sono as, continuativo o frequentativo (se però non è dal nome sonitus), ma d'incerta fede. Forcell. (20. Sett. 1823.).

[3491,2]  Rasito as da rado is - rasus, frequentativo. Il continuativo si trova in francese, cioè raser, che resta in luogo del positivo, mancante in quella lingua. (22. Settembre 1823.). {{V. ancora nello spagnuolo, arrasar.}}

[3541,1]   3541 Ho discorso altrove del verbo periclitor pp. 2324-25 mostrando ch'egli {è} continuativo di un antico periculor, fatto dal participio di questo, cioè da periculatus contratto in periclatus come periculum in periclum, e mutata l'a in i secondo la solita regola, come in mussito da mussatus. Ora vedi appunto tal participio periculatus nel Forcellini in essa voce. E nóta ch'ei dimostra il detto verbo periculor, perocchè dice periculatus sum, tempo perfetto di periculor come periclitatus sum di periclitor. (27. Sett. 1823.).

[3542,2]  Continuativo o frequentativo. Perpetuito as da perpetuo as - perpetuatus. Vedi Forcell. in Perpetuitassint.  3543 Se già questa voce non fosse fatta (che nol credo) da perpetuitas, come forse necessitare ital. ec. da necessitas, di che ho detto altrove p. 3023. (28. Sett. 1823.).

[3543,1]  Tonsito as da tondeo - tonsus, frequentativo. Il continuativo l'abbiamo noi; tosare (quasi tonsare). V. il Gloss. ec. (28. Sett. Domenica. 1823.).

[3557,1]  Untare, untar (spagn.) da ungo-unctus. Unctito dal medesimo. Urtare, heurter (franc.) da un urtus participio di urgeo, o da un ursus mutato in urtus, come falsus in faltus ec. vedi la p. 3488. e quella a che essa si riferisce. (30. Sett. 1823.).

[3568,3]  A ciò che ho detto p. 2194 del nostro usare, usar, user continuativo di utor-usus, aggiungi  3569 il nostro abusare, abusar, abuser, continuativo di abutor - abusus, e v. il Gloss. se ha nulla. Oltre disusare, ausare {o} adusare ec. (1. Ott. 1823.).

[3570,1]  Risito da rideo - risus. (1. Ott. 1823.).

[3584,4]  Assulito per assulto da assilio. Resilito  3585 per resulto da resilio. V. Forcell. Ambedue queste voci sono bonissime, e dimostrano l'antico e vero ed intero participio di salio, cioè salitus (salito, salido, sailli), poi contratto in saltus (o supino saltum). E confermano le mie osservazioni e opinioni pp. 1107. sgg. sopra le primitive, regolari ed intere forme de' participii o supini. Se avessero potuto considerare queste opinioni, e se avessero bene osservato che i continuativi e {i} frequentativi {in ito} si formano da' participii o supini, i Critici non si sarebbero maravigliati dei suddetti due verbi, nè gli avrebbero tentati con diverse lezioni, e fors'anche scacciati assolutamente da' testi ov'essi si trovano (de' quali bisogna vedere l'ultime edizioni). (3. Ott. 1823.) {{V. p. 3845.}}

[3618,4]  Sciscitor dimostra il proprio participio di scisco, che or veramente non l'ha (siccome non l'hanno tanti altri del suo genere, p. e. hisco ec. neanche il perfetto passato), benchè lo pigli in prestito, siccome anche il perfetto, da scio. {#1. V. p. 3687.} Così scisco e così i suoi composti.  3619 Sciscitor o sciscito, dimostra il participio sciscitus regolare e perfetto. Giacchè ben s'inganna il Forcellini che deriva sciscitor da scio, da cui esso viene solo in quanto scisco è da scio, come vivisco da vivo ec. ec. (7. Ott. 1823.). Che sciscito sia fatto per anadiplosi di scitus {#1. (sia di scitus di scio o di quel di scisco, che secondo me, non è che un medesimo participio)} {o di scitor} oltre l'altre improbabilità, e il suo evidente venir da scisco, (il quale non è fatto per anadiplosi), e il non avervi, ch'io sappia, altro cotal esempio, ec.; lo dimostra per falso la brevità del secondo i, laddove l'i di scitus, e di scitor ec. è lungo. Vedi il pensiero seguente [p. 3619,1]. (7. Ott. 1823.).

[3624,1]  Purgito as da purgo as. (7. Ott. 1823.).

[3629,1]  A proposito del detto da me altrove p. 3023 sopra il verbo necessitare, notinsi i verbi felicitare, {#1. debilitare, nobilitare, impossibilitare, facilitare, difficultare,} ereditare e simili che son fatti evidentemente da  3630 felicità, eredità e simili, ovvero da felicitas, hereditas ec. (8. Ott. 1823.).

[3630,2]  Le forme regolari e perfette ec. de' participii {e supini (e anche de' perfetti e lor dipendenze)} della seconda e terza maniera {massimamente,} da me  3631 stabilite e richiamate pp. 1122-25 pp. 1153-54 p. 1167 nei verbi che più non le hanno, sono, oltre gli altri argomenti, confermate da' verbi delle stesse maniere che ancor le hanno, e che ne' participii o supini son regolari e perfetti, sia ch'essi abbiano anche degl'irregolari, o che gl'irregolari solamente; e ch'essi sieno regolari e perfetti in tutto, o che senza ciò lo sieno ne' participii o supini. P. e. habeo habes habui, verbo tutto regolare e perfetto, fa habitum e habitus a um, non habtum. { exerceo, coerceo ec. es ui itum. Mentre che arceo ch'è il semplice di questi verbi, fa arctum, come si dimostra dall'aggett. arctus, secondo il detto altrove in proposito p. 1144. placeo - taceo - noceo es ui itum. Perchè nocitum e non docitum? se non per pura casualità d'uso nel pronunziare?} Perchè dunque doceo doces docui doctum, non docitum? E da tali osservazioni si vede che questo paradigma e quello di lego sono male scelti ad uso delle grammatiche, perchè ambo irregolari, o vogliamo dire alterati dalla prima lor forma, e dalla vera forma de' loro pari, ne' supini e ne' participii in us. Il che di lego si dimostra anche particolarmente col suo derivato legito, come altrove pp. 2972-74. (8. Ott. 1823.).

[3631,1]  Mi pare di aver nella teoria de' continuativi detto che il perfetto di lego fu legsi. Notisi  3632 che oggi è non lexi come texi, rexi ec. ma legi, ed è regolarissimo, e quello fu mio errore. (8. Ott. 1823.).

[3684,2]  Mêler ant. mesler, secondo che ho detto altrove p. 2280 p. 3182, è da misculare o mesculare, come mâle, ant. masle, da masculus. (14. Ott. 1823.).

[3686,3]  Nella mia teoria de' continuativi p. 1113 p. 1144 ho discorso {{in differente luogo}} di exercitare e di arctare, quello continuativo di exerceo, questo di arceo. Nótisi che exerceo è un de' composti di arceo (almeno così giudico), come coerceo, onde forse (sebbene ei  3687 fa coercitum) è coarctare ec. come ho detto parlando di arctare ec. (14. Ott. 1823.).

[3687,2]  Alla p. 3618. fine. Io credo che niun de' verbi di questo genere abbia perfetto proprio, nè i tempi che ne dipendono, nè supino, nè participio in us, ma li tolgano in prestito {#1. V. p. 3725.} dal verbo originale. Che se questo non esiste, io credo che un tempo esistesse. P. es. di suesco, adolesco, cresco ec. che hanno perfetto e supino, io credo che esistessero verbi originali, come sueo, adoleo ec. {+V. p. 3696.} di cui fossero propri i detti perfetti e participii, giacchè  3688 il perfetto e participio o supino regolare e dovuto di suesco ec. sarebbe suesci, suescitum, non suevi suetum. {#1. V. p. 3703..} Così dico di glisco, il quale non ha nè perfetto nè supino. Così di adipiscor, di nascor, di nosco. Se ciò è vero, notus, natus, non sarebbero contrazioni di noscitus (questo esistè come prova il verbo noscitare), di nascitus {+e questo ancora è provato da nasciturus} (nè adeptus di adipiscitus) come ho detto altrove in più luoghi p. 1119 p. 2826 p. 2835 p. 3063, ma participii e supini proprii d'ignoti verbi da cui nosco, nascor ec. sarebbero stati formati. E nosco non verrebbe da νοΐσκω, come ho detto p. 2777., ma sarebbe stato anche in latino un verbo originale no (diverso da nare) conforme al greco νοῶ (come δόω do, πόω po che altrove abbiam dimostrato p. 2772 p. 2972, e simili monosillabi di cui ho detto in più luoghi p. 2775); dal qual no, sarebbe stato fatto il verbo nosco, non per uso greco, ma per uso latino, {#2. (e secondo la ragion latina di formazione e significato ec.)} concordevole in questa parte {#3. quanto al materiale della formazione o della forma} col greco, che ebbe pur νοΐσκω e νώσκω, onde γινώσκω e γιγνώσκω che suonan lo stesso di nosco. {#4. Ma concordevole per pura combinazione particolare, anzi singolare forse.} {{V. p. 3826.}}

[3693,1]  Credito as da credo itus. (14. Ott. 1823.).

[3695,2]  Alla p. 2996. marg. Nigreo - nigrico - nigro as. Se nigro venisse da nigreo apparterrebbe forse alla nostra teoria, almen quanto alla derivazione e formazione, e sarebbe a notare che il suo verbo originale sarebbe della seconda, non della 3.a. Ma forse nigro viene a dirittura da niger gri. Nigrico o da nigreo, o da nigro. (15. Ott. 1823.)

[3711,2]  A quello che altrove ho detto p. 3002 del verbo cillo a proposito di oscillo parrebbe che si opponesse il verbo percello e procello ec. Ma io, qualunque sia l'origine di questi, non credo abbiano che fare con cillo, stante la differenza (oltre le lett. e ed i) della coniugazione de' perfetti e supini ec. Ben crederò che percello ec. sia da κέλλω, e così il semplice cello is perduto, ma non già cillo as ec. Quod os cillent, idest inclinent, praecipitesque  3712 in os ferantur. (Fest. ap. Forc. in Cillo). Non è chiaro a un fanciullo che quel cillent è da cillare non da cilleo nè da cillo is? Donde dunque s'ha preso il Forc. quel suo cillo is? {+Se già non fosse, come io penso, errore di stampa is per as.} Quanto a cilleo che sta in Servio (se non v'è errore) ei potrebbe pur esser da cio, fatto come conscribillo da conscribo ec., benchè d'altra coniugazione (cioè della 2. invece della prima) per anomalia, come viso is da video per viso as, e gli altri tali continuativi d'anomala formazione, cioè d'altra coniugazione che della prima, da me in più luoghi accennati p. 1114 pp. 2225-26 pp. 2813. sgg.p. 2821 pp. 2885-86, insieme e separatamente. O forse cilleo è da cieo? (16. Ott. 1823.).

[3731,4]  Alla p. 3708. marg. Lavitum è dimostrato dal verbo lavito. Così fautum è contrazione di favitum dimostrato (se bisognasse) da favitor ec. Ma il detto  3732 scambio tra il v e l'u è dimostrato piucchè mai chiaramente da tutti o quasi tutti i verbi (ec.) composti di lavo, in cui lavo diventa luo. Contrazione la qual conferma mirabilmente e pienamente quella ch'io ho supposta pp. 3698. sgg. ne' perfetti in ui della seconda e massime della prima. P. e. domui è da domavi nello stessissimo modo che abluo per ablavo, soppressa la a e volto il v in u. Del resto pluit ebat ha il perfetto pluit ed anche pluvit per evitar l'iato, come a p. 3706. Exuo is ui utum. Ruo is ui utum contrazione di ruitum, che anche esiste: {prova delle mie asserzioni.} V. Forc. in Ruo e composti. {+ Fruor, ĭtus e ctus sum, ma fruĭtus è più usato, e così fruiturus ec.} Luo is ui luitum dimostrato da luiturus. Anche si disse o scrisse luvi. V. Forc. in luo, verso il fine. Fluo is fluxi, fluctum, fluxum e fluitum dimostrato da fluito e da fluitans. {{Così i composti di fluo ec.}} {#2. Tribuo, Minuo, Statuo, Induo, Arduo, Acuo, Annuo, Innuo ec. Imbuo ec. ui utum, co' loro composti, e così con quelli di Suo ec. In tutti questi supino l'i è stato mangiato per evitar l'iato, o come in docitum ec. Notisi che laddove l'u in tutti gli altri tempi di questi verbi, compreso il perfetto, è sempre breve. - V. p. 3735.} (19. Ott. 1823.).

[3732,1]  Lavito da lavare o da lavere. (19. Ott. 1823.).

[3735,2]  Che fino ad ora {sia} stata poco bene osservata la formazione costante de' continuativi e frequentativi da' participii o supini, me lo persuade fra gli altri il vedere che Forcell. da fluctus us ec. deduce l'inusitato supino fluctum di fluo (v. Fluo fin.), ma dal verbo fluito {(ch'e' pur chiama frequentativo di fluo)} non si avvisa punto di dedurne l'inusitato fluitum, che n'è evidentemente dimostrato. {#1. Sebbene il medesimo non lascia in parecchi continuativi o frequentivi di ammonire ch'e' son fatti dal supino de' rispettivi verbi originali.} (20. Ott. 1823.).

[3736,2]  Participii in us di verbi attivi o neutri, in senso attivo intransitivo, o attivo transitivo, o neutro ec. Si esaminino gli esempi d'Indutus e di Exutus nel Forc. paragonandoli con quelli di Exuo, Induo, e anche coll'uso italiano {{antico ed elegante}} {moderno} delle voci Spogliare, Vestire, Spogliato (o Spoglio), Vestito ec. (20. Ott. 1823.).

[3761,3]  A quello che altrove {#1. V. p. 3071.} ho detto di dompter da domitare, aggiungi promtus e promptus, promsi e prompsi,  3762 promtum e promptum, demsi e dempsi, demtum e demptum, temptare per tentare (v. Forcell. e il Cod. Cic. de republ. col Conspectus Orthograph. del Niebuhr), comsi e compsi, comptum e comtum, comptus e comtus, compte e comte, ec. ec. V. Forcell. I francesi scrivono anche domter domtable ec. e forse oggi più frequentemente. Il Richelet non ha che domter, l'Alberti che dompter. V. il Richelet in Compte, compter ec. che scrivevasi ancora, com'egli dice, comter, comte ec. {+Notisi peraltro che compter ec. viene da computare, sicchè il p vi è naturale e non ascitizio come in dompter ec. Infatti oggi i francesi, i quali scrivono Comte (da comes itis), comtat ec. scrivono sempre, ch'io sappia, compte da computus, compter ec.} (23. Ott. 1823.)

[3764,4]  Ai verbi diminutivi o frequentativi italiani da me altrove raccolti pp. 1116-17 pp. 1240-42, aggiungi p. esempio di quelli in olare, crepolare da crepare, screpolare ec. (24. Ott. 1823.).

[3810,1]  Vomito as da vomo is itum. Arguto as e argutor aris da arguo is utum, o dall'aggett. argutus, che di là viene ec. {V. Forcell.} {+e i due pensieri seguenti [p. 3810,2] [p. 3810,2]} (31. Ott. 1823.).

[3821,1]   3821 Diminutivi positivati. Orbiculatus, orbiculatim, reticulatus, vermiculatus ec. (3. Nov. 1823.) {se già non sono frequentativi di significato come altrove generalmente ho avvertito pp. 1240-42.}

[3826,3]  Reperito da reperio-ertum, ant. reperitum. V. Forcell. Manto as da maneo - mansum, ant. manitum regolare, contratto in mantum. Ovvero mantum sta per mansum mutato l's in t. Vedi ciò che altrove s'è detto in più luoghi pp. 2928-30 circa tal mutazione ne' supini e participii, a proposito di vectum e vexum di veho, onde  3827 vectare e vexare, e ad altri propositi; e quello si riferisca a manto, e manto a quel che ivi si è detto. Mansum anomalo è dall'anomalo mansi per manui, secondo il detto altrove pp. 3723-24 della formazione de' supini da preteriti perfetti, al che si aggiunga anche questo esempio. Da mansum è mansitare fratello di mantare, come vexare di vectare ec. (4. Nov. 1823.).

[3849,1]  Restito, {+(onde restitrix)}, di cui v. Forcell. è notabile in quanto egli è continuativo o frequentativo di un verbo ch'esso medesimo in origine è continuativo, essendo composto del continuativo sto. {veggasi la p. 3298.} (8. Nov. 1823.).

[3869,1]  Al detto altrove p. 3543 di tosare, tonsito ec. aggiungi detonso as da detondeo. (12. Nov. 1823.).

[3893,4]  Diminutivi positivati. Gesticulor, {#1. Questo però, se non viene da gesticulus (ch'è voce moderna e {solo} di Tertulliano) può essere piuttosto frequentativo che diminutivo o un misto dell'uno e dell'altro, come tanti nostri verbi italiani, di cui altrove pp. 1116-17 pp. 1240-42 ex professo.} ec. Vedi il Forcellini. Francese gesticuler. Noi ancora volgarmente gesticolare.  3894 Vedi l'Alberti. ec. (19. Nov. 1823.). {{Corbeau da corvus.}}

[3894,1]  Gero-gestum, gesto, gestito. (19. Nov. 1823.).

[3907,4]  Bisogna notare che i diminutivi positivati (verbi o nomi {+ec.}) da me raccolti non sieno di senso neanche frequentativo, nè disprezzativo, nè vezzeggiativo, nè simile, {eccetto se tale non fosse anche} quello del positivo, al quale esso deve insomma essere totalmente conforme. Misculare (a proposito di cui ho preso a discorrere de' diminutivi  3908 positivati pp. 2280-83 ) a principio ebbe forse un senso frequentativo, che poi perdè, restandogli quello del positivo. E così gli altri, ciascuno de' quali (nomi o verbi) in origine dovettero in qualunque modo differire nel senso dai positivi. Del resto i verbi in ulare ec. propriamente sono diminutivi e perciò spettano al mio discorso. Hanno però talora un senso simile al frequentativo (come tanti verbi italiani altrove da me notati pp. 1115-17 pp. 1240-42 p. 3764), ma non perciò si possono men giustamente porre fra' diminutivi, giacchè solo dalla diminuzione ricevono quel tal potere di significar la frequenza ec. il qual significato è {come} una specie de' significati diminutivi ec. (26. Nov. 1823.)

[3937,2]  Ho posto altrove pp. 3182-83 tremolare, trembler, temblar ec. fra' diminutivi positivati (o fossero frequentativi, o cose simili, in origine). Se però questi verbi son fatti da tremulus, e' non sono diminutivi, perchè tremulus è da tremere come speculum da specere, e nè l'uno nè l'altro è diminutivo, e tremulare non sarebbe più diminutivo che speculare, jaculari e simili, del che vedi la pag. 3875. (29. Nov. 1823.).

[3938,5]  Al detto altrove p. 3283 di fictus, fixus ec. aggiungi confitto da configgere o configere (non da conficcare, come dice la Crusca). Non si dice confisso. Per lo contrario affisso e non affitto participio. {+V. però la Crus. in affitto aggett., se quello non è un luogo male scritto, come pare.} ec. (1 Dec. 1823.).

[3942,1]  Scambio del g e del v. Nivis - neige - ningit o ninguit (onde il nostro negnere) e nivit, onde il nostro nevicare, quasi nivicare, come da vello vellico ec. frequentativi, di cui vedi la p. 2996. marg.: e vedi il Gloss. se vuoi. (6. Dec. 1823.).

[3955,2]  Da chaudron {#1. (caldaio)} diminutivo di chaudière {+(calderone),} chaudronnier in senso positivo cioè calderaio. Infiniti sono e in latino e massime nel latino basso e nelle lingue figlie i derivati {+e di questo e d'altri molti generi, e sorte di significati ec. V. p. 4006.} ec. che avendo un senso positivo, e corrispondente a quello del positivo da cui hanno origine, sono però fatti da un diminutivo (usitato o no, {#2. ed anche semplicemente supposto}) di esso positivo, sia ch'essa[esso] diminutivo abbia un uso positivato, o no, ec. e che tali voci derivino dal latino, o no, ec. {Vedi la pag. 3963. lin. 18 3980. lin 3. 4.} Forse la ragione di tali derivativi che in senso positivo sono formati da' diminutivi, si è che essi e fors'anche i diminutivi da cui derivano, hanno un senso frequentativo o cosa simile. {purulentus, purulentia ec, esculentus, virulentus, vinolentus {#(1.) v. la pag. 3968-9. 3992.} temulentus ec. nidulor. {#(2) se non è freq. o frequen. - dimin.}} Infatti la diminuzione in senso di frequentazione assolutamente e unicamente, ovvero in compagnia di questo senso, è comunissima nel latino nell'italiano ec. come altrove in più luoghi. E molti assoluti frequentativi (verbi o nomi ec.) non sono che per la forma diminutiva che hanno, e questa si è la sola che in essi indica la frequenza ec. sia che i positivi {+di senso o di forma o d'ambedue ec.} si trovino ed usino, o no, neanche vi possano essere, come spesso accade in italiano, ec. p. e. balbettare non ha nè potrebbe  3956 avere balbare, al quale però equivarrebbe ec. (8. Dec. Festa dell'immacolata Concezione di Maria. 1823.).

[3968,1]   3968 Alla p. 3963. fine. Se i diminutivi in ellus ec. fossero fatti sempre da voci in ulus, lo stesso si dovrebbe dire di quelli in illus, illare ec. Quindi p. e. conscribillo sarebbe da un conscribulo. - Al detto di patella, aggiungi l'italiano padella, positivato (restando patena pel vaso sacro ec.), benchè forse quello che oggi si chiama padella non sia precisamente conforme a quello o quei vasi che si chiamavano in lat. patinae o patenae o patellae, e quindi il significato di tal diminutivo positivato padella non sia forse precisamente il medesimo del suo positivo latino, cosa inevitabile quasi in quelle voci che appartengono a oggetti di usi ec. sempre variabilissimi più d'ogni altra cosa. Ma in tal caso la significazion del diminutivo padella non sarebbe neppur la medesima del diminutivo patella, ch'è pur certamente positivato, e con cui padella è materialmente una stessa voce. Insomma padella è certamente un diminutivo positivato. V. i francesi e gli spagnuoli e il Gloss. ec. (10. Dec. dì della Venuta. 1823.). {{V. p. 3971.}}

[3984,1]  Commeto {as} da commeo per commeato. V. Forc. e il detto altrove sopra hieto ec. pp. 2818-19. (15. Dec. 1823.).

[3968,3]  Ho detto, non mi ricordo il dove pp. 2280-81, di un diminutivo, mi pare, italiano che la sua inflessione in ol (sia verbo o sia nome ec. che non mi sovviene) dimostrava lui essere originariamente latino. Ma si osservi che la diminuzione in olo, olare ec. è non men propria dell'italiano moderno di quel che sia del latino quella in ulus, ulare, olus (come in filiolus) ec. Ben è vero ch'essa deriva onninamente da  3969 questa latina, anzi è la medesima con lei. Del resto l'aggiunta dell'u in questa nostra inflessione (come in figliuolo ec.). 1. è una gentilezza della scrittura e ortografia, un toscanesimo, non è proprio della favella, seppur non lo è della toscana, e in tal caso, che non credo neanche in toscana sia troppo frequente e' sarebbe un accidente della pronunzia. 2. non si trova nelle più antiche scritture, nè in moltissime delle meno antiche, benchè esatte, anzi fuorchè nelle moderne, {forse} nel più delle scritture ella manca, {+e credo ancora che manchi regolarmente anche oggidì, almeno secondo l'ortografia della Crusca, in molte parole dove l'olo è pur lungo.} 3. ella svanisce regolarmente (per la regola de' dittonghi mobili) sempre che l'accento non è sull'o: quindi da figliuolo figliolanza ec. 4. essa è veramente una proprietà italiana onde anche da sono, bonus e tali altri o semplici, facciamo uo, come suono, buono ec. siccome gli spagnuoli ue, che pur si risolve, o ritorna, in o sempre che l'accento non è sull'e, come da volvo buelvo e poi bolver ec. {V. p. 4008.} {+E anche quando la desinenza ec. in olus o ulus ec. non è diminutiva, noi ne facciamo sovente uolo {ec.} come da phaseolus, fagiuolo ec.} 5. Essa manca sempre in moltissime parole {italiane,} come in tanti verbi diminutivi o frequentativi ec. in olare de' quali ho detto altrove pp. 2280-81 pp. 1116-17 p. 1241, che sarebbe sproposito scrivere in uolare. Insomma essa giunta non è propria di questa tale italiana inflessione diminutiva derivante dal latino, ma è un accidente di pronunzia o di ortografia italiana o toscana, che ha luogo anche in infiniti altri casi alienissimi da questa inflessione, e che in questa medesima non ha sempre luogo ec. (10. Dec. dì della Venuta della S. Casa di Loreto. 1823.). {{V. p. 3984. 3992. 3993.}}

[3986,2]  Bito is, di cui altrove p. 3694 pp. 3710-11 pp. 3828-29. V. Forcell. in Combitere. (15. Dec. 1823.).

[3992,2]  Lusito da ludo - lusum. (19. Dec. 1823.).

[4005,2]  Verbi diminutivi positivati. Ringhiare cioè ringulare da ringere. V. i franc. e spagn. (27. Dec. 1823.). Avvinchiare, avvinghiare, e molti altri simili verbi italiani in ghiare e chiare, iare ec. sono assoluti diminutivi ({quasi tutti e} per lo più o {tutti e} sempre positivati), e diminutivi non in italiano ma in latino donde mostrano assolutamente esser venuti, cioè da de' rispettivi verbi in ulare, noti o ignoti. Così molti verbi spagn. in jar, franc. in iller, ec. Così anche nomi e altre voci ec. (27. Dec. 1823.). - { Succhiare, succiare (sugo is, suggere, sucer ec.) Morchia (noi marchigiani morca) - amurca.} Possono però tali verbi ec. esser fatti anche da nomi o latini o italiani ec. noti o ignoti, come p. e. ringhiare da ringhio (nome usato), il quale quando anche fosse da un ringulus, questo non sarebbe diminutivo, o da nomi che essendo diminutivi in latino, in ulus, non lo sieno in italiano ec. (27. Dec. 1823. Festa di San Giovanni Apostolo ed Evangelista.). Tali sono i verbi rugghiare e mugghiare, {#1. mugliare, {#(1.) Veggasi la p. 4014. capoverso 4.} mugolare, mugiolare, muggiolare coi derivati ec. di questi e di mugghiare, rugghiare ec.}, del quale però mi ricordo aver parlato altrove p. 1241 e veggasi il detto quivi. (28. Dec. giorno degl'Innocenti. 1823.). {{Veggasi la pag. 4008. capoversi 4. e ultimo [p. 4008,6]}}

[4006,4]  Appellito as, apellidar ec. (30. Dec. 1823.).

[4002,3]  Dico altrove p. 3515 del nostro cangiar talora il cul latino in gli, coll'es. di periglio {ec.} Aggiungi spiraglio da spiraculum che anche si dice spiracolo, come pure pericolo. (25. Dec. dì del S. Natale. 1823.).

[4008,6]  Quel che altrove si è detto in più luoghi pp. 980-81 pp. 2281-84 p. 2984 pp. 3514-15 p. 3886 p. 3996, cangiarsi nell'italiano regolarmente il cul de' latini in chi, dicasi pur del gul in ghi ec. V. la pag. 4005. capoverso 2. (6. Gen. 1824. dì della S. Epifania). {{V. p. 4109.}}

[4021,4]  Rinnovellare, innovellare, renouveler, renovello, lat. (v. gli spagn.) {ec.} diminutivi positivati; si aggiungano al detto altrove p. 3751 di novellus ec. (22. Gen. 1824.).

[4022,5]  Al detto altrove pp. 2820-21 di excito, suscito ec. in più luoghi, aggiungi nel Forc. Procitant e Procitare. (26. Gen. 1824.).

[4024,1]  Frequentativo o diminutivo positivato ec. Modulor da modus, se già questo e gli altri simili, come nidulor di cui altrove p. 3756 p. 3955, non sono di formazione in ul non diminutiva, come iaculus, speculum ec. da cui iaculor, speculor ec. ma modulor sarebbe a dirittura da modus, del che non so altro esempio, se modulor è non diminutivo, e così nidulor ec., e se sono da un modulus, nidulus ec. (v. Forcell.) in tal caso sono diminutivi positivati, o frequentativi piuttosto. (29. Gen. 1824.).

[4030,8]  Cangiamento del cul lat. in chi ital. Bernoccolo (voce affatto italiana, v. però il Gloss. e i vari dizionari) co' suoi derivati - bernocchio che vale lo stesso. (15. Feb. Domenica di Settuagesima. 1824.).

[4037,3]  Halo as avi atum - halitans, alitare (verbo e sostantivo ossia infinito sostantivato), haleter. V. gli Spagn. e il Gloss. ec. (29. Feb. 1824.).

[4040,3]  Φάω, ϕαείνω, ϕαείνομαι. Alterazione di desinenza collo stesso significato, del che altrove pp. 2774-75. (3. Marzo. Mercoledì delle S. Ceneri. 1824.).

[4042,4]  Mινύϑω-minuo, forse l'uno e l'altro da μινύω, alterato nel greco colla interposizione del θ, (cosa usata), conservato purissimo in latino, eziandio ne' composti: della qual conservazione dell'antichità appo i latini più che appo i greci, dico diffusamente altrove pp. 2351-54 pp. 2771-79. (8. Marzo 1824.).

[4044,5]  Al detto altrove p. 3757 p. 3825 p. 3826 p. 3939 dei verbali in bilis in ilis ec. ec. si aggiungano quelli formati da essi in ilitas, bilitas, e altri generi, siano del buono o del barbaro latino o delle lingue moderne, sia che i verbali da cui essi sono formati sieno individualmente noti o ignoti ec. ec., sia pure che tali nomi sostantivi verbali, derivini[derivino] immediatamente dai verbi, e in tal caso bisogna vedere da che voce dei verbi e in che modo, secondo i rispettivi generi d'essi verbali. (10. Marzo. 1824.).

[4045,1]  ᾽Eϑέλω ἐγρηγορέω - ϑέλω γρηγορέω possono essere esempi o di accrescimenti o di troncamenti fatti da' greci ai loro temi senz'alterazione di significato. Così λῶ per ἐϑέλω, o quella sia la radice, o un troncamento, del che altrove p. 2779 (12. Marzo 1824.).

[4046,8]  I nostri nomi diminutivi o disprezzativi {ec.} in acchio ecchio ec. e i verbi diminutivi o frequentativi o disprezzativi ec. in acchiare ecchiare ec. sono di una forma espressamente originata dal latino, cioè dalla forma diminutiva o frequentativa  4047 ec. in culus e culare. Lo stesso dico de' nomi e verbi francesi diminutivi o frequentativi o disprezzativi ec. in ail aille ailler iller {+ eiller (sommeiller)} ec. de' quali altrove pp. 2375-76 pp. 3514-15 p. 3991 p. 4005. E credo che anche lo spagn. in illo o illar ec. venga da essa forma latina (come periglio péril ec. da periculum, del che in più luoghi p. 3515 p. 3557) più tosto che da quella in illus illare ec. (15. Marzo. 1824.).

[4050,4]  Θανέω o θάνω-θνήσκω. Qui l'alterazione non solo è nella desinenza, ma eziandio nella omissione dell'α, onde θνήσκω per θανήσκω dal fut. θανήσω donde si fanno questi verbi in σκω, secondo il Weller. (21. Marzo. 1824.).

[4050,8]  Della superiorità della lingua latina sulla greca per certe parti e qualità, del che ho detto in proposito dei continuativi di cui i greci mancano p. 1117 p. 2142 pp. 2784-86, cioè non ne hanno un genere determinato, si può dire lo stesso  4051 rispetto agl'incoativi, di cui i greci non hanno un genere e forma così determinata e assegnata come i latini, sebbene si servono molto spesso, a significar l'incoazione, di verbi in ίζω fatti da quelli che significano l'azione o passione positiva, o aggiungono a' temi in άω, έω ec. il ζ, facendone άζω, έζω ec. Ma queste forme non sono così precisamente determinate alla significazione incoativa, perchè infiniti verbi così formati ne hanno tutt'altra, infiniti significano lo stesso che il primo tema (del che altrove pp. 2825-26 pp. 3284. sgg., sebben forse in origine potranno avere avuto diverso senso), infiniti non hanno altro tema, almen noto, e non significano cosa incoativa ec. sia che questi e i sopraddetti abbiano perduta col tempo siffatta significazione, e confusala ec. sia che mai non l'abbiano avuta, il che, di moltissimi almeno, è certo, perchè molte volte la desinenza in ίζω o ζω è frequentativa. Anche de' frequentativi determinati ec. mancano i greci, mentre gli hanno non solo i latini ma gl'italiani (e moltissimi generi, come pure in latino ve n'è più d'uno), i francesi ec. Mancano ancora de' {verbi} disprezzativi, vezzeggiativi ec. ec. che i latini e gl'italiani ec. hanno, e più d'un genere. (21. Marzo. 1824.).

[4051,1]  Molti di quelli che io chiamo diminutivi positivati, si potranno chiamare in vece disprezzativi o vezzeggiativi o frequentativi ec. positivati, sì verbi che nomi, sì sostantivi che aggettivi ec. Ma chiamarli generalmente diminutivi non è da potersi riprendere, perchè tali sono propriamente tutti, e la diminuzione è il mezzo con cui essi significano disprezzo, vezzeggiamento ec. secondo che ella è applicata ed intesa. (21. Marzo 1824.).

[4052,1]  La ricchezza e varietà e potenza {e fecondità} della lingua italiana non solo s'ha a considerare nella copia de' suoi vocaboli e modi e nella gran facoltà di formarne, ma eziandio nella gran moltitudine e varietà di tipi per così dire o coni che ella ha per poter formare voci e modi di uno stesso genere di significazione. (formati già moltissimi, e da potersene formar con giudizio, sempre che si voglia e bisogni). Servano di esempio le tante desinenze frequentative o diminutive o disprezzative ec. de' verbi, da me annoverate altrove pp. 1116-17 pp. 1240-42 p. 3764. Le tante diminutive de' nomi ec. ec. Nella quale abbondanza di coni la lingua nostra vince d'assai, non che le lingue sorelle, ma la latina e la greca, e forse qualunque lingua del mondo antica o moderna. Nè questa abbondanza produce confusione nè indeterminazione, perchè detti coni sebbene sommamente moltiplici in ciascun genere, sono però di qualità e di valore ben determinato ed applicato e appropriato al suo genere di significazione. (21. Marzo. 1824.).

[4053,5]  Origliare, origliere da auricula. Nuova prova del cangiarsi spesso il cul de' latini in gli ital. benchè per auricula noi diciamo orecchia, non oreglia, come i francesi. (25. Marzo. dì della SS. Annunziata 1824.). {{Diciamo anche, ed oggi meglio, orecchiare.}} Speculum - speglio antico e poetico. (26. Marzo. 1824.).

[4056,1]  Moveo - moto, motito. (1. Aprile. 1824.).

[4056,3]  Al detto pp. 2893-94 di acquistare in proposito di quisto, quęsitus ec. aggiungi lo spagn. aquistar. D. Quij. V. i Dizionari. (4. Aprile. Domenica di Passione. Nevica. 1824.)

[4068,2]  Al detto pp. 2201-202 p. 2893 di quisto, chiesto ec. aggiungi requête, ant. requeste. (13. Apr. 1824.).

[4072,1]  Diminutivi positivati. Piscis - poisson. Notisi che de' diminutivi positivati {delle lingue moderne} altri hanno la diminuzione latina e questa o sonante diminuzione anche nelle lingue moderne o no, altre la diminuzione moderna affatto e non latina (18. Aprile. Pasqua. 1824.) e questa talora è diminuzione in quella tal lingua, talora in essa no, ma in altre moderne o in altra, sia sorella sia straniera, e sia che quella tal parola si trovi veramente in quest'altra lingua o non vi si trovi più, almeno con quella diminuzione. P. e. potrebb'essere che alcune voci francesi in in ine ec. in cui questa desinenza è additizia, perchè esse parole si trovano senza tal desinenza in latino o in italiano ec. sieno originariamente diminutivi positivati presi dall'italiano, quando  4073 bene in questo non si trovino più, almeno colla diminuzione, nè positivata nè veramente diminutiva. (19. Aprile 1824.). {{Così dicasi de' verbi, ec.}}

[4075,1]  Percussare da percutio. Crusca. V. il Gloss. (20. Apr. 1824.)

[4081,3]  A proposito dei verbi in are fatti da quelli della 3., del che altrove pp. 2813-15 p. 2986 pp. 2996-97, v. il Meurs. t. 5. opp. p. 419. dove però erra deducendo da vellicare che v'abbia a essere stato un vellare, mentre quello è frequentativo di vellere (o diminutivo ec.) ed è della prima, perchè tutti i frequentativi o diminutivi di questo genere, da qualunque congiugazione di verbi sieno fatti, sono della 1.ma (24. Apr. Sabato in Albis. 1824.).

[4088,4]  Ai frequentatativi in esso altrove notati p. 3869 p. 3900 p. 3904, aggiungi petesso o petisso da peto, del quale v. Forcell. aggiungendo a' suoi esempi due che si trovano nel {lungo} frammento di Cic. de suo Consulatu, che sta nel primo de Divinat., i quali esempi dimostrano pur la forza frequentativa di petesso. (15. Maggio. 1824.).

[4093,6]  Ciĕo cies cīvi cĭtum (diverso da cio iis īvi ītum) co' suoi composti, aggiungasi ai verbi della seconda che hanno il perfetto in vi, e il supino in itum breve, de' quali altrove pp. 3702. sgg. pp. 3853-54 p. 3872. {Neo nes nevi netum.} E v. il Forcell. in cieo fine. (27. Maggio. Festa dell'Ascensione. 1824.).

[4105,1]  Dilettare - dileticare coi derivati ec. frequentativo o diminutivo alla latina, e può anche aggiungersi agli esempi delle forme frequentative italiane di verbi, da me altrove raccolte. Avvertasi però che ha un significato diverso da dilettare, e forse è corruzione di solleticare, e così diletico, che altrimenti sarà un diminutivo o frequentativo di diletto. {Farneticare.} (29. Giugno. Festa di S. Pietro. giorno mio natalizio. 1824.).

[4112,6]  Diminutivi positivati. Muscus - muschio.

[4118,8]  Declamitare. (31. Agosto. 1824.).

[4119,1]   4119 Observito as. Forcellini. (5. Sett. Domenica. 1824.).

[4120,5]  Verberito as. (22. Sett. 1824.).

[4121,13]  Scossare da scuotere. Poliziano Orfeo atto 1. ed. dell'Affò, verso 14.

[4134,2]  Halo as - halitans. (10. Apr. Domenica in Albis. 1825.). {Alitare.}

[4146,1]  Voleter per volitare. Gill. Durant antico poeta francese, ap. Pougens Archéolog. franç. art. oiselet, tom. 2. p. 63. {+ ed. Ét. Pasquier ap. lo stesso, t. 2. p. 162. art. Pucette.} (Bologna. 19. Ott. 1825.).

[4147,1]   4147 Réviser, raviser franc. da aggiungersi al detto da me sopra divisare avvisare ec. pp. 2843-45 p. 3005

[4149,1]  Strascinare - strascicare, strascico ec. Biasciare - biascicare.

[4156,3]  Sorbillo as. V. Forc.

[4158,5]  Divenire - diventare (da ventum sup. di venio). Cupio cupitum - cupitare, covidare, convitare (Crus.), convoiter ec. v. gli spagn. {Pervertire - perversare. V. Crus. in perversare e perversato.}

[4160,9]  Marceo o marcesco, marcitum; marcire, marcito - marchitar spagn.

[4165,11]  Χείριστος δ᾽ ὁ μεγίστην ἐξουσίαν λαβών.

[4167,1]   4167 Voveo - votum - votare, ital. V. Forcell. spagn. ec. Transire - transitare.

[4172,1]  Mando, mansum - mansare corrotto in mangiare, manger, manjar. V. Forc. e Gloss. Manducare (che noi dicemmo anche manicare, quasi mandicare) sembra un frequentativo di mandere, come fodicare di fodere ec. {+Credo però che l'u di manduco sia lungo. Del resto dello scambio dell'u coll'i, ho detto altrove pp. 3006-3007.}

[4173,1]  Piaggia, spiaggia, diminutivi positivati di plaga, da plagula, come nebbia da nebula, ec. ec.

[4177,5]  Réviser (rivedere): al detto altrove di avvisare ec. pp. 2844-45.

[4188,11]  Tero-tritum-tritare-stritolare, {triturare.}

[4197,4]  Rasitare. Sueton. Otho, c. ult. i. e. 12.

[4217,2]  Mέδω, μέδομαι, μήδω, μήδομαι, μηδέω ec. (dei quali verbi dico altrove pp. 3352-60 , parlando di medeor, meditor ec.) debbono originariamente essere stati un verbo solo e medesimo, non pur tra di loro, ma eziandio con μέλω, μελέω, μέλομαι, μελέομαι, distinti solamente per la pronunzia, come δασύς - λασύς, {λάσιος} e come in ispagn. dexar (oggi si scrive dejar coll'iota, che risponde al nostro sci e al franc. ch) da laxare, lasciare, laisser, lâcher. Δάκρυον - lacrima.

[4224,2]  Tondeo, tonsum - detonsare, tosare ec.

[4237,6]  Zocco - zoccolo. Fagus - fagulus (v. Forcell. Gloss. ec.) - faggio.

[4239,4]  Misceo, mixtus, misto - mestare (quasi da mesto per misto, come meschio per mischio, e meschiare, mescolare ec.) rimestare - mesticare (noi marchegiani diciamo più alla latina misticare, misticanza ec.); coi derivati.

[4241,1]   4241 Brancicare. Zoppicare.

[4268,3]  ϕλύω - vϕλύζω.

[4272,3]  Fouiller probabilmente è da fodere, e quindi fratello di fodicare.

[1456,1]  Frissonner ec. ϕρύττω o ϕρύσσω ec. (5. Agosto. 1821.).

[3182,1]  Trembler, temblar sono verbi diminutivi, cioè fatti da un tremulare, il quale è da tremere, come misculare (onde mesler, cioè mêler, mezclar, mescolare, meschiare, mischiare) da miscere, secondo che ho notato altrove pp. 2280-81 pp. 2385-86. Ma essi verbi trembler e temblar hanno il senso del positivo tremere che nel franc. e nello spagn. non si trova. Noi abbiamo e tremare e tremolare, quello positivo, e questo, così di forma come di significazione, diminutivo. Diciamo anche tremulare, o piuttosto lo dicevano i nostri antichi, più alla latina, benchè questo verbo nel buon latino non si trovi. Trovasi però nel  3183 basso latino: v. il Glossar. Cang. Gli spagnoli dicono pure tremolar (Solìs Hist. de Mexico, l. 1. capit. 7. princip.), ma attivamente per agitare, dimenare, sventolare (come tremolar unas vanderas nel cit. luogo del Solìs), alla qual significazione par che appartenga l'ult. esempio del Gloss. Cang. in Tremulare. (17. Agos. 1823. Domenica.) {Il Franciosini scrive tremular, lo chiama vocabolo barbaro, e lo spiega tremare.}

[3477,3]  Frissont, frissonner, - brivido - ϕρίσσω. (20. Sett. 1823.)

[3514,2]  Alla p. 2984. Vieil da veculus come oeil da oculus, oreille da auricula o aurecula (corrottamente) ec. vermeil, vermiglio, vermejo da vermiculus o vermeculus ec. Sommeil è certamente un somniculus diminutivo, preso in senso positivo, come somme da somnus. Resta però il senso diminutivo  3515 a sommeiller che vien da somniculare come il nostro sonnecchiare, e che serve a confermar la derivazione di sommeil da somniculus. Appareil; apparecchio, apparecchiare, {sparecchio ec.}; aparejo, aparejar dimostrano un diminutivo positivato appariculare per apparare, (come misculare per miscere, di cui altrove pp. 2280-81 pp. 2385-86 p. 3182), appariculus per apparatus; voci ignote nel buon latino, ma comuni alle tre lingue figlie. V. Glossar. ec. (25. Sett. 1823.). { Parecchi, pareil, onde appareiller, sono da pariculus ec. V. Gloss. ec. parejo (cioè par) parejura ec. Pelleja, pellejo, pellico; pelliccia; pelisse; spag. moderno pellìz, da pellicula ec. Lo spagn. ha anche il positivo, piel. Semilla. Soleil. Ouaille da ovicula ec, come oveja spagn.}

[3907,4]  Bisogna notare che i diminutivi positivati (verbi o nomi {+ec.}) da me raccolti non sieno di senso neanche frequentativo, nè disprezzativo, nè vezzeggiativo, nè simile, {eccetto se tale non fosse anche} quello del positivo, al quale esso deve insomma essere totalmente conforme. Misculare (a proposito di cui ho preso a discorrere de' diminutivi  3908 positivati pp. 2280-83 ) a principio ebbe forse un senso frequentativo, che poi perdè, restandogli quello del positivo. E così gli altri, ciascuno de' quali (nomi o verbi) in origine dovettero in qualunque modo differire nel senso dai positivi. Del resto i verbi in ulare ec. propriamente sono diminutivi e perciò spettano al mio discorso. Hanno però talora un senso simile al frequentativo (come tanti verbi italiani altrove da me notati pp. 1115-17 pp. 1240-42 p. 3764), ma non perciò si possono men giustamente porre fra' diminutivi, giacchè solo dalla diminuzione ricevono quel tal potere di significar la frequenza ec. il qual significato è {come} una specie de' significati diminutivi ec. (26. Nov. 1823.)

[3955,2]  Da chaudron {#1. (caldaio)} diminutivo di chaudière {+(calderone),} chaudronnier in senso positivo cioè calderaio. Infiniti sono e in latino e massime nel latino basso e nelle lingue figlie i derivati {+e di questo e d'altri molti generi, e sorte di significati ec. V. p. 4006.} ec. che avendo un senso positivo, e corrispondente a quello del positivo da cui hanno origine, sono però fatti da un diminutivo (usitato o no, {#2. ed anche semplicemente supposto}) di esso positivo, sia ch'essa[esso] diminutivo abbia un uso positivato, o no, ec. e che tali voci derivino dal latino, o no, ec. {Vedi la pag. 3963. lin. 18 3980. lin 3. 4.} Forse la ragione di tali derivativi che in senso positivo sono formati da' diminutivi, si è che essi e fors'anche i diminutivi da cui derivano, hanno un senso frequentativo o cosa simile. {purulentus, purulentia ec, esculentus, virulentus, vinolentus {#(1.) v. la pag. 3968-9. 3992.} temulentus ec. nidulor. {#(2) se non è freq. o frequen. - dimin.}} Infatti la diminuzione in senso di frequentazione assolutamente e unicamente, ovvero in compagnia di questo senso, è comunissima nel latino nell'italiano ec. come altrove in più luoghi. E molti assoluti frequentativi (verbi o nomi ec.) non sono che per la forma diminutiva che hanno, e questa si è la sola che in essi indica la frequenza ec. sia che i positivi {+di senso o di forma o d'ambedue ec.} si trovino ed usino, o no, neanche vi possano essere, come spesso accade in italiano, ec. p. e. balbettare non ha nè potrebbe  3956 avere balbare, al quale però equivarrebbe ec. (8. Dec. Festa dell'immacolata Concezione di Maria. 1823.).

[3980,1]  Genou sembra esser da genu, come altrove pp. 3617-18. Ma agenouiller è da un genouille diminutivo. {#1. diminutivo non in francese ma fatto da una forma diminut. latina. Vedi però la p. 3991. capoverso 1. e 3985. princip.} Vedi la pag. 3955. Trovo nel D. Quijote finojo per ginocchio, voce che mi par quivi affettatamente antiquata, come molte altre, per contraffare il linguaggio degli antichi libri di Cavalleria, ed è posta in bocca di Sancho. In ogni modo mostra che anche l'antico spagnuolo (se già non prese questa voce dall'italiano) usava il diminutivo di genu nel senso positivo e in vece del positivo latino. Sta la detta voce nella Parte 1. del D. Quijote, lib. 4. cap. 31. p. 343. edizione d'Amberes 1697. t. 1. (14. Dec. 1823.). {{V. p. 3983.}}

[3993,5]  Alla p. 3969. fine. La diminuzione però in olo breve, nei nomi, non par propria dell'italiano. Pur se ne trovano assai esempi di voci che non possono esser latine, o non v'è ragione per credere che lo siano. Zufolo, {cicciolo, sdrucciolo,} gomitolo, ec. ec. Ne' verbi poi essa diminuzione è assolutamente italiana. (Dico diminuzione, che ora è in senso diminutivo ora frequentativo ec.) Sventolare che fa io svéntolo, tu svéntoli ec. Anzi tutti i nostri diminutivi o frequentativi ec. in olare, mi par che sieno in ol breve. Del resto mi pare che anche in francese la desinenza in ol  3994 ole, oler ec. sia non di rado diminutiva o frequentativa o disprezzativa ec. Prestolet (pretazzuolo) da prestre. Babiole ec. (20. Dec. 1823.). {{V. qui sotto.}}

[4005,2]  Verbi diminutivi positivati. Ringhiare cioè ringulare da ringere. V. i franc. e spagn. (27. Dec. 1823.). Avvinchiare, avvinghiare, e molti altri simili verbi italiani in ghiare e chiare, iare ec. sono assoluti diminutivi ({quasi tutti e} per lo più o {tutti e} sempre positivati), e diminutivi non in italiano ma in latino donde mostrano assolutamente esser venuti, cioè da de' rispettivi verbi in ulare, noti o ignoti. Così molti verbi spagn. in jar, franc. in iller, ec. Così anche nomi e altre voci ec. (27. Dec. 1823.). - { Succhiare, succiare (sugo is, suggere, sucer ec.) Morchia (noi marchigiani morca) - amurca.} Possono però tali verbi ec. esser fatti anche da nomi o latini o italiani ec. noti o ignoti, come p. e. ringhiare da ringhio (nome usato), il quale quando anche fosse da un ringulus, questo non sarebbe diminutivo, o da nomi che essendo diminutivi in latino, in ulus, non lo sieno in italiano ec. (27. Dec. 1823. Festa di San Giovanni Apostolo ed Evangelista.). Tali sono i verbi rugghiare e mugghiare, {#1. mugliare, {#(1.) Veggasi la p. 4014. capoverso 4.} mugolare, mugiolare, muggiolare coi derivati ec. di questi e di mugghiare, rugghiare ec.}, del quale però mi ricordo aver parlato altrove p. 1241 e veggasi il detto quivi. (28. Dec. giorno degl'Innocenti. 1823.). {{Veggasi la pag. 4008. capoversi 4. e ultimo [p. 4008,6]}}

[4008,6]  Quel che altrove si è detto in più luoghi pp. 980-81 pp. 2281-84 p. 2984 pp. 3514-15 p. 3886 p. 3996, cangiarsi nell'italiano regolarmente il cul de' latini in chi, dicasi pur del gul in ghi ec. V. la pag. 4005. capoverso 2. (6. Gen. 1824. dì della S. Epifania). {{V. p. 4109.}}

[4019,1]  Diminutivi positivati. Bouillon da bulla, bolla. (19. Gen. 1824.). Bouillonnement, bouillonner. Bulicare è corruzione di bollicare, dal quale abbiamo infatti bollicamento, e così bulicame e[è] per bollicame che non si trova, sia che queste voci vengano a dirittura da bolla come le suddette francesi, sia da bollire (che vien da bolla), come par voglia la crusca, che spiega bollicamento per leggier bollimento (sarebbe dunque diminutivo), e bulicare per bollire, di cui sarebbe frequentativo o diminutivo o frequentativo - diminutivo. Bulicame però non ha che far con bollire, bensì con bolla. Eccetto pigliando bollire, per far bolle senza fervore: v. Bollire §. 4. e il Forcell. Pare però che bulicame si dica propriamente delle acque bollenti benchè senza fuoco. ec. (19. Gen. 1824.). Vedi la pag. 4004. capoverso 2. Moisson diminutivo positivato di messis. (19. Gen. 1824.).

[4021,4]  Rinnovellare, innovellare, renouveler, renovello, lat. (v. gli spagn.) {ec.} diminutivi positivati; si aggiungano al detto altrove p. 3751 di novellus ec. (22. Gen. 1824.).

[4034,4]  Bequeter (beccare) frequentativo o diminutivo. Gresset Ver - vert, Chant premier. (20. Feb. 1824.). Feuilleter.

[4037,3]  Halo as avi atum - halitans, alitare (verbo e sostantivo ossia infinito sostantivato), haleter. V. gli Spagn. e il Gloss. ec. (29. Feb. 1824.).

[4046,8]  I nostri nomi diminutivi o disprezzativi {ec.} in acchio ecchio ec. e i verbi diminutivi o frequentativi o disprezzativi ec. in acchiare ecchiare ec. sono di una forma espressamente originata dal latino, cioè dalla forma diminutiva o frequentativa  4047 ec. in culus e culare. Lo stesso dico de' nomi e verbi francesi diminutivi o frequentativi o disprezzativi ec. in ail aille ailler iller {+ eiller (sommeiller)} ec. de' quali altrove pp. 2375-76 pp. 3514-15 p. 3991 p. 4005. E credo che anche lo spagn. in illo o illar ec. venga da essa forma latina (come periglio péril ec. da periculum, del che in più luoghi p. 3515 p. 3557) più tosto che da quella in illus illare ec. (15. Marzo. 1824.).

[4050,8]  Della superiorità della lingua latina sulla greca per certe parti e qualità, del che ho detto in proposito dei continuativi di cui i greci mancano p. 1117 p. 2142 pp. 2784-86, cioè non ne hanno un genere determinato, si può dire lo stesso  4051 rispetto agl'incoativi, di cui i greci non hanno un genere e forma così determinata e assegnata come i latini, sebbene si servono molto spesso, a significar l'incoazione, di verbi in ίζω fatti da quelli che significano l'azione o passione positiva, o aggiungono a' temi in άω, έω ec. il ζ, facendone άζω, έζω ec. Ma queste forme non sono così precisamente determinate alla significazione incoativa, perchè infiniti verbi così formati ne hanno tutt'altra, infiniti significano lo stesso che il primo tema (del che altrove pp. 2825-26 pp. 3284. sgg., sebben forse in origine potranno avere avuto diverso senso), infiniti non hanno altro tema, almen noto, e non significano cosa incoativa ec. sia che questi e i sopraddetti abbiano perduta col tempo siffatta significazione, e confusala ec. sia che mai non l'abbiano avuta, il che, di moltissimi almeno, è certo, perchè molte volte la desinenza in ίζω o ζω è frequentativa. Anche de' frequentativi determinati ec. mancano i greci, mentre gli hanno non solo i latini ma gl'italiani (e moltissimi generi, come pure in latino ve n'è più d'uno), i francesi ec. Mancano ancora de' {verbi} disprezzativi, vezzeggiativi ec. ec. che i latini e gl'italiani ec. hanno, e più d'un genere. (21. Marzo. 1824.).

[4051,1]  Molti di quelli che io chiamo diminutivi positivati, si potranno chiamare in vece disprezzativi o vezzeggiativi o frequentativi ec. positivati, sì verbi che nomi, sì sostantivi che aggettivi ec. Ma chiamarli generalmente diminutivi non è da potersi riprendere, perchè tali sono propriamente tutti, e la diminuzione è il mezzo con cui essi significano disprezzo, vezzeggiamento ec. secondo che ella è applicata ed intesa. (21. Marzo 1824.).

[4053,5]  Origliare, origliere da auricula. Nuova prova del cangiarsi spesso il cul de' latini in gli ital. benchè per auricula noi diciamo orecchia, non oreglia, come i francesi. (25. Marzo. dì della SS. Annunziata 1824.). {{Diciamo anche, ed oggi meglio, orecchiare.}} Speculum - speglio antico e poetico. (26. Marzo. 1824.).

[4072,1]  Diminutivi positivati. Piscis - poisson. Notisi che de' diminutivi positivati {delle lingue moderne} altri hanno la diminuzione latina e questa o sonante diminuzione anche nelle lingue moderne o no, altre la diminuzione moderna affatto e non latina (18. Aprile. Pasqua. 1824.) e questa talora è diminuzione in quella tal lingua, talora in essa no, ma in altre moderne o in altra, sia sorella sia straniera, e sia che quella tal parola si trovi veramente in quest'altra lingua o non vi si trovi più, almeno con quella diminuzione. P. e. potrebb'essere che alcune voci francesi in in ine ec. in cui questa desinenza è additizia, perchè esse parole si trovano senza tal desinenza in latino o in italiano ec. sieno originariamente diminutivi positivati presi dall'italiano, quando  4073 bene in questo non si trovino più, almeno colla diminuzione, nè positivata nè veramente diminutiva. (19. Aprile 1824.). {{Così dicasi de' verbi, ec.}}

[4089,3]  Il diminuimento spagnuolo in ico {ica} dee venire dal latino iculus, icula, iculum, come ho detto altrove pp. 3514-15 di altre diminuzioni spagnuole italiane francesi. (17. Maggio. 1824.).

[4108,1]  Φρύσσω o ϕρύττω-frissonner. Notinsi in questo verbo due cose. La derivazione manifesta dal greco, e la forma diminutiva o frequentativa. (30. Giugno. 1824. Anniversario del mio Battesimo.)

[4113,5]  Frequentativo. Tâter - tâtonner coi derivati. (20. Lugl. 1824.).

[4117,4]  Verbo diminutivo o frequentativo. Trembloter. (17. Agos. 1824.).

[4145,3]  Mordiller. Mordre légèrment[légèrement] et fréquemment; faire un grand nombre de petites morsures. * Pougens Archéologie française art. mordiller, Paris 1821-5. tom. 2. p. 29. Antica voce francese, adoperata anche da Scarron e dalla Sévigné, e inserita anche nel Dizionario dell'Accademia francese nell'edizione del 1798.

[4165,11]  Χείριστος δ᾽ ὁ μεγίστην ἐξουσίαν λαβών.

[4172,5]  Entortiller. Naziller. Bouillir - bouillonner.

[4173,1]  Piaggia, spiaggia, diminutivi positivati di plaga, da plagula, come nebbia da nebula, ec. ec.

[4182,3]  Oreglia, origliare, origliere, per orecchia, orecchiare, orecchiere.

[4188,4]  Lampare - lampeggiare. Volgere - voltare - volteggiare, voltiger.

[4191,2]  Tacheté, Marqueté. {Déchiqueter.}

[4237,6]  Zocco - zoccolo. Fagus - fagulus (v. Forcell. Gloss. ec.) - faggio.

[4272,3]  Fouiller probabilmente è da fodere, e quindi fratello di fodicare.

[4273,3]  Tricae - tracasserie, tracasser, tracassier ec.

[4276,1]  To pant inglese - panteler francese.

[4282,7]  Amouracher, s'amouracher. Flamboyer.

[4287,5]  Béqueter. Nutrire, nodrire - nutricare nodricare. V. Forc. Frigere - fricasser.