Lingue, si stendono per piccolissimo tratto di paese.
Languages, are spread over a small area.
Vedi Dialetti See Dialects. 932,1 1020,1 1022,1 1053,1 1065,3 1459,1 1629,1 1755,1 1965,2 3254,1 3932,1Lingue. Saperne molte aiuta il pensiero.
Languages. Knowing many helps to think.
94,1 1728,2 2212,1 2231,2Maraviglioso una volta chi parlasse due lingue.
Someone who could speak two languages was once considered extraordinary.
4173,8Lingue. Sono più facili a intendersi negli autori più antichi.
Languages. Are easier to understand in the very early authors.
2112,1[932,1] L'estensione reale strettamente considerata, della
quale è capace una lingua, in quanto lingua
933 usuale,
quotidiana, propria, e materna, è piccolissima; e molto minore che non si crede.
Una stretta conformità di linguaggio, e per conseguenza una medesima lingua
strettamente considerata, non è comune se non ad un numero ben piccolo di
persone, e non occupa se non un piccolo tratto geografico.
[1020,1]
Alla p. 1013. {fine}. Si potrebbe dire che anche la lingua
greca pativa lo stesso inconveniente, e ancor peggio, stante la moltiplicità de'
suoi dialetti. Ma ne' dialetti era divisa anche la lingua latina, come tutte le
lingue, massimamente molto estese e divulgate, {+e molto più, diffuse, come la
latina, fra tanta diversità di nazioni e di lingue.} Il che
apparisce non tanto dalla Patavinità rimproverata a Livio, (dalla quale sebbene altri lo difendono, pure
apparisce che questa differenza di linguaggio, {o
dialetto,} se non in lui, certo però esisteva); non tanto dalle
diverse maniere {e idiotismi} degli scrittori latini di
diverse nazioni e parti, (v. Fabric.
1021
B. G. l. 5. c. 1. §. 17. t. 5. p. 67.
edit. vet. e il S. Ireneo del Massuet);
{+le quali si possono anche inferire
dalle diverse lingue nate dalla latina ne' diversi paesi, ed ancora viventi
(che dimostrano una differenza d'inflessioni, di costrutti, di locuzioni ec.
che se anticamente non fu tanta quanta oggidì, certo però è verisimile che
fosse qualche cosa, e che appoco appoco sia cresciuta, derivando dalla
differenza antica)} quanto da questo, che è nella natura degli uomini
che una perfetta conformità di favella non {sussista
mai} se non {fra} piccolissimo numero di
persone. (v. p. 932. fine) Così che
io non dubito che la lingua latina non fosse realmente distinta in più e più
dialetti, come la greca, sebbene meno noti, e meno legittimati, e riconosciuti
dagli scrittori, e applicati alla letteratura. {V. qui
sotto.}
[1022,1] Quanto la natura abbia proccurata la varietà, e
l'uomo e l'arte l'uniformità, si può dedurre anche da quello che ho detto della
naturale, necessaria e infinita varietà delle lingue, p. 952. segg. Varietà maggiore di quello
che paia a prima vista, giacchè non solo produce p. e. al viaggiatore, una
continua novità rispetto alla sola lingua, ma anche rispetto agli uomini,
parendo diversissimi quelli che si esprimono diversamente; cosa favorevolissima
alla immaginazione, considerandosi quasi come esseri di diversa specie quelli
che non sono intesi da noi, nè c'intendono: perchè la lingua è una cosa somma,
principalissima, caratteristica degli uomini, sotto tutti i rapporti della vita
sociale. Per lo contrario, lasciando le altre cure degli uomini per uniformare,
stabilire, regolare ed estendere le diverse lingue; oggi, in tanto e così vivo
commercio di tutte, si può dir, le nazioni insieme, si è introdotta, ed è
divenuta necessaria, una lingua comune, cioè la francese; la quale
1023 stante il detto commercio, e l'andamento presente
della società, si può predire che non perderà più la sua universalità, nemmeno
cessando l'influenza o politica, o letteraria, o civile, o morale ec. della sua
nazione. E certo, se la stessa natura non lo impedisse, si otterrebbe appoco
appoco che tutto il mondo parlasse quotidianamente il francese, e l'imparasse il
fanciullo come lingua materna; e si verificherebbe il sogno di una lingua
strettamente universale. (8. Maggio 1821.).
[1053,1] Considerando per una parte quello che ho detto p. 937. seguenti , intorno
alla naturale ristrettezza e povertà delle lingue, e come la natura avesse
fortemente provveduto che l'uomo non facesse fuorchè picciolissimi progressi nel
linguaggio, e che il linguaggio umano fosse limitato a pochissimi segni per
servire alle sole necessità estrinseche e corporali della vita; e per l'altra
parte considerando le verissime osservazioni del Soave
(Appendice 1. al capo II. Lib. 3. del Saggio di Locke)
e del Sulzer (Osservaz. intorno all'influenza
reciproca della ragione sul linguaggio, e del linguaggio sulla
ragione, nelle Memorie della R. Accadem. di
Prussia, e nella Scelta di Opusc. interessanti,
Milano 1775. vol. 4. p. 42 - 102.) intorno
alla quasi impossibilità delle cognizioni senza il linguaggio, e
proporzionatamente della estensione e perfezione ec. delle cognizioni, senza la
perfezione, ricchezza ec. del linguaggio; considerando, dico, tutto ciò, si
ottiene una nuova {e principalissima} prova, di quanto
il nostro presente
1054 stato e le nostre cognizioni
sieno direttamente e violentemente contrarie alla natura, e di quanti ostacoli
la natura vi avesse posti. (15. Maggio 1821.).
[1065,3] Dalle mie osservazioni sulla necessaria varietà
delle lingue pp. 952.
sgg.
p. 955
p.
1022
p.
1045, risulta che non solo le lingue furono naturalmente molte e
diverse anche da principio, per le
1066 impressioni che
le medesime cose fanno ne' diversi uomini; le diverse facoltà imitative, o le
diverse maniere d'imitazione usate da' primi creatori e inventori della favella;
le diverse parti, forme, generi, accidenti di una medesima cosa, presi ad
imitare e ad esprimere da' diversi uomini colla parola significante quella tal
cosa; (v. Scelta di Opuscoli interessanti, Milano.
Vol. 4. p. 56 - 57. e p. 44. nota) ma eziandio che introdotta e
stabilita una medesima favella, cioè un medesimo sistema di suoni significativi,
uniformi e comuni in una medesima società; questa favella ancora,
inevitabilmente si diversifica e divide {appoco appoco}
in differenti favelle. (19. Maggio 1821.).
[1459,1] Quanto gli uomini sono meno inciviliti (come sono i
selvaggi, com'erano gli Americani ec.) tanto maggiori e più frequenti varietà di
lingue o dialetti si trovano in più piccolo spazio di paese, e minor quantità di
gente. Cosa provata dalla storia, da' viaggi ec. e proporzionatamente dalla
stessa osservazione de' popoli più o meno inciviliti, letterati ec. V. la p. 1386. fine. Dal che si vede
quanto la natura contrasti all'uniformità de' linguaggi ec. come ho detto
altrove pp. 937-40
p. 1022. (6. Agos. 1821.).
[1629,1] Ho detto [p. 933] che dilatandosi le nazioni, le lingue si
dividono. Ciò principalmente accade nel volgo, perchè il volgo di un luogo, poco
o nessun commercio conserva con quello di un altro, benchè nazionale. Le altre
classi ve lo conservano o immediato o mediato, per la civiltà che gli unisce, le
scritture ec. ec. 1. Quanto più una nazione è nazione, {+e per ispirito e per istato politico,}
{2.} quanto più il volgo è in commercio colle altre
classi della stessa popolazione, 3. colle altre popolazioni {nazionali,} 4. quanto più una nazione, ed in essa il volgo, è civile,
{+5. quanto più i costumi, i
caratteri ec. sono per conseguenza conformi, sì nel volgo che nelle altre
classi;} tanto i dialetti vernacoli sono minori di numero, e meno
distinti di forma, ec. Applicate queste osservazioni
all'Italia, alla Francia,
Inghilterra, Germania ec.
[1755,1] Ho detto altrove pp. 1301-302 che
quasi ciascun individuo ha una lingua propria. Aggiungo che queste lingue
individuali non solo si distinguono in certe parole o frasi abituali affatto
proprie di questo o quel parlatore, ma anche nell'uso abituale di certe voci o
frasi fra le molte o vere o false sinonime che ha una lingua (massime se ricca,
come l'italiana) per esprimere una stessa cosa. La quale ogni volta che capita,
eccoti il tal parlatore con quella tal parola o frase, e quell'altro con
quell'altra diversissima, ciascuno secondo il suo costume. Così che il
vocabolario di ciascun parlatore, è distinto dagli altri, come ho detto pp. 244-45
pp. 766-67 di quello degli scrittori greci e italiani individuali.
Questi vocabolari composti
1756 sì di queste voci o
frasi scelte invariabilmente fra le sinonime, sì di quelle che ho detto essere
assolutamente proprie di questo o quell'individuo, si perpetuano nelle famiglie,
perchè il figlio impara a parlare dal padre e dalla madre, e come ne imita i
costumi e le maniere, molto più la lingua. Il qual effetto massimamente ha luogo
nelle famiglie degli artigiani, de' poveri, ec. e molto più in quelle di
campagna, come più separate dalla società non domestica. Ha luogo pur
grandemente nelle famiglie delle classi elevate, che si tengono in un piede
assai casalino, o dove i figli si educano in casa, dove poco si studia e si
legge, e quindi poco s'ingrandisce la lingua abituale (la quale anche è poco
soggetta all'influenza dello studio), dove poco si tratta ec. E se bene
osserverete troverete sempre in queste tali famiglie un vocabolarietto proprio,
composto ne' modi che ho detto. E potrete anche osservare in molte di queste,
1757 parecchie parole antichissime, e uscite
dell'uso corrente, ma conservate e trasmesse di generazione in generazione in
dette famiglie. Cosa che a me è successo più volte di osservare, e quelle parole
o frasi non le ho mai sentite fuori o di quella {tal}
famiglia, o di quella tal parentela. Negli altri generi di famiglie il detto
effetto sarà minore, ma pur sempre avrà luogo proporzionatamente. Così le lingue
si van dividendo appoco {appoco} nel seno di una stessa
società, di uno stesso paese; il costume del padre si comunica al figlio, e si
perpetua; il figlio pure inventa qualche parola ec. ec. e parimente la
partecipa; le figlie le portano nelle famiglie in cui entrano; e la lingua umana
si va tuttogiorno diversificando e cangiando faccia; e ciascuna famiglia viene a
differire alquanto dalle altre nella significazione de' suoi pensieri. (o
parlata o anche scritta). (21. Sett. 1821.).
[1965,2]
Alla p. 1938.
En apprenant la
prosodie d'une langue, on entre plus intimément dans l'esprit de la
nation qui la parle que par quelque gente d'étude que ce puisse être.
De là vient qu'il est amusant de
prononcer des mots étrangers: on s'écoute comme si c'étoit un
autre qui parlât: mais il
1966 n'y a rien de si
délicat, de si difficile à saisir que l'accent: on apprend mille fois
plus aisément les airs de musique le plus compliqués, que la
prononciation d'une seule syllabe. Une longue suite d'années, ou les
premières impressions de l'enfance, peuvent seules rendre capable
d'imiter cette prononciation, qui appartient à ce qu'il y a de plus
subtil et de plus indéfinissable dans l'imagination et dans le caractère
national.
*
(Vedete qui 1. la gran varietà di tutto ciò ch'è
opera ed effetto della natura, e non ha che far colla ragione. 2. l'immensa e
inevitabile e naturale varietà che deve a ogni patto nascere ec. nella favella
degli uomini, varietà ch'essendo così difficile a saisir, pone un grandissimo ostacolo a farsi scambievolmente
intendere. E quante menome, ma egualmente indefinibili e inimitabili
particolarità ha la pronunzia e l'accento di ciascun paese, o terra, o
individuo! ec.)
1967 De l'Allemagne, t.
1. 2.de part. ch. 9. principio.
[3254,1] Quello {poi} che ho detto
che una lingua strettamente universale, dovrebbe di sua natura essere anzi
un'ombra di lingua, che lingua propria, maggiormente anzi esattamente conviene a
quella lingua caratteristica proposta fra gli altri dal nostro Soave
(nelle Riflessioni
intorno
3255 all'istituzione d'una lingua
universale, opuscolo stampato in
Roma, e poi dal med. autore rifuso
nell'Appendice 2.a al capo II.o del Libro 3o del Saggio filosofico di Gio. Locke su l'umano intelletto compendiato dal D. Winne tradotto, e commentato da Francesco Soave C. R. S.
tomo 2.do, intitolato Saggio sulla formazione di
una Lingua Universale), la qual lingua o maniera
di segni non avrebbe a rappresentar le parole, ma le idee, bensì alcune delle
inflessioni d'esse parole (come quelle de' verbi), ma piuttosto come inflessioni
o modificazioni delle idee che delle parole, e senza rapporto a niun suono {pronunziato,} nè significazione e dinotazione alcuna di
esso. Questa non sarebbe lingua perchè la lingua non è che la significazione
delle idee fatta per mezzo delle parole. Ella sarebbe una scrittura, anzi
nemmeno questo, perchè la scrittura rappresenta le parole e la lingua, e dove
non è lingua nè parole quivi non può essere scrittura. Ella sarebbe un terzo
genere, siccome i gesti non sono nè lingua nè scrittura ma cosa diversa dall'una
e dall'altra. Quest'algebra di linguaggio (così nominiamola)
3256 la quale giustamente si è riconosciuta per quella maniera di
segni ch'è meno dell'altre impossibile ad essere strettamente universale, si può
pur confidentemente e certamente credere che non sia per essere nè formata ed
istituita, nè divulgata ed usata giammai. Dirò poi ancora, ch'ella in verità non
sarebbe strettamente universale, perch'ella lascerebbe a tutte le nazioni le
loro lingue, siccome ora la francese. Ella di più non sarebbe propria che dei
dotti o colti. Ma di tutti i dotti e colti lo è pure oggidì la francese. Quale
utilità dunque di quella lingua? la quale non sarebbe forse niente più facile ad
essere generalmente nella fanciullezza imparata, di quello che sia la francese,
che benissimo e comunissimamente nella fanciullezza s'impara. E tutti i vantaggi
che si ricaverebbero da quella chimerica lingua, tutti, e molto più e maggiori,
e forse con più facilità si caverebbero dalla lingua francese, divenendo, se pur
bisogna, più comune e più studiata e coltivata di quel ch'ella già sia.
[3932,1]
3932
Verdaderamente yo
tengo que ay muchos tiempos y años que ay gentes en estas Indias
*
(la America {meridional}), segun lo
demuestran sus antiguedades y tierras tan anchas y grandes como han
poblado; y aunque todos ellos son morenos lampiños y se parecen en
tantas cosas unos a otros, ay tanta multitud de
lenguas entre ellos que casi a cada legua y en cada parte ay nuevas
lenguas.
*
Chronica del Peru, parte primera
(della quale opera vedi la pag.
3795-6.) hoja 272. capitulo 116. principio.
(28. Nov. 1823.).
[94,1] Il posseder più lingue dona una certa maggior facilità e
chiarezza di pensare seco stesso, perchè noi
95 pensiamo
parlando. Ora nessuna lingua ha forse tante parole e modi da corrispondere ed
esprimere tutti gl'infiniti particolari del pensiero. Il posseder più lingue e
il potere perciò esprimere in una quello che non si può in un'altra, o almeno
così acconciamente, o brevemente, o che non ci viene così tosto trovato da
esprimere in un'altra lingua, ci dà una maggior facilità di spiegarci seco noi e
d'intenderci noi medesimi, applicando la parola all'idea che senza questa
applicazione rimarrebbe molto confusa nella nostra mente. Trovata la parola in
qualunque lingua, siccome ne sappiamo il significato chiaro e già noto per l'uso
altrui, così la nostra idea ne prende chiarezza e stabilità {e consistenza} e ci rimane ben definita e fissa nella mente {, e ben determinata e circoscritta.} Cosa ch'io ho
provato molte volte, e si vede in questi stessi pensieri scritti a penna
corrente, dove ho fissato le mie idee
con parole greche francesi latine, secondo che mi rispondevano più precisamente
alla cosa, e mi venivano più presto trovate. Perchè un'idea senza parola o modo
di esprimerla, ci sfugge, o ci erra nel pensiero come indefinita e mal nota a
noi medesimi che l'abbiamo concepita. {{Colla parola prende
corpo, e quasi forma visibile, e sensibile, e circoscritta.}}
[1728,2]
Il me semble que nous
avons tous besoin les uns des autres; la littérature de chaque pays
découvre, à qui sait la connaître, une nouvelle sphère d'idées. C'est
Charles-Quint lui-même qui
a dit qu'un homme qui sait quatre langues vaut
quatre hommes. Si ce grand génie politique en jugeait ainsi
pour les affaires, combien cela n'est-il pas plus vrai pour les lettres?
Les étrangers savent tous le français, ainsi leur point de vue est plus
étendu que celui des Français qui ne savent pas les langues étrangères.
Pourquoi
1729 ne se donnent-ils pas plus
souvent la peine de les apprendre? Ils conserveraient ce qui les
distingue, et découvriraient ainsi quelquefois ce qui peut leur
manquer.
*
Corinne liv. 7. ch. 1. dernieres
lignes.
(18. Sett. 1821.).
[2212,1] Non si pensa se non parlando. Quindi è certissimo
che quanto la lingua di cui ci serviamo pensando, è più lenta, più bisognosa di
parole e di circuito per esprimersi, ed esprimersi chiaramente, tanto (in
proporzione però della rispettiva facoltà ed abitudine degl'intelletti
individuali) è più lenta la nostra concezione, il nostro pensiero, ragionamento
e discorso interiore, il nostro modo di concepire e d'intendere, di sentire e
concludere una verità, conoscerla, il processo della nostra mente nel
sillogizzare, e giungere alle conseguenze. Nella maniera appunto che una testa
poco avvezza a ragionare, più lentamente tira da premesse evidenti e ben
concepite, e legate ec. una conseguenza parimente manifesta (il che accade
tuttodì negli uomini volgari, ed è cagione della loro poca ragionevolezza, della
loro piccolezza, tardità nell'intendere le cose più ovvie, piccolezza,
volgarità, oscurità di
2213 mente ec.); e nella maniera
che la scienza e la pratica delle matematiche, del loro modo di procedere, e di
giungere alle conseguenze, del loro linguaggio ec. aiuta infinitamente la
facoltà intellettiva e ragionatrice dell'uomo, compendia le operazioni del suo
intelletto, lo rende più pronto a concepire, più veloce {e
spedito} nell'arrivare alla conclusione de' suoi pensieri, e
dell'interno suo discorso; insomma per una parte assuefa, per l'altra facilita
all'uomo l'uso della ragione ec. Quindi deducete quanto giovi la cognizione di
molte lingue, giacchè ciascuna ha qualche proprietà e pregio particolare, questa
è più spedita per un verso, quella per un altro, questa è più potente nella tal
cosa, quella in tal altra, questa può facilmente esprimere la tale precisa idea,
quella non può, o difficilmente. Egli è indubitato: la nuda cognizione di molte
lingue
2214 accresce anche per se sola il numero delle
idee, e ne feconda poi la mente, e ne facilita il più copioso e più pronto
acquisto. Quello che ho detto della lentezza o speditezza delle lingue si deve
estendere a tutte le altre loro proprietà; povertà o ricchezza, ec. ec. anche a
quelle che spettano all'immaginazione, giacchè da queste è influita la fantasia,
e la facoltà delle concezioni fantastiche (e ragionamenti fantastici) e la
qualità di esse, come da quelle è influito l'intelletto e la facoltà del
discorso. Vedete dunque s'io ho ragione nel dire che la pratica della lingua
greca avrebbe giovato agl'intelletti più che non fece quella della latina
(lingua non solo non filosofica nè logica, come non lo è neppur la greca, ma non
adattabile, senza guastarla, alla filosofia sottile, ed all'esattezza precisa
delle espressioni e delle idee, a differenza della greca.). V. la p. 2211. fine. E quello che dico
della lingua greca, dico di
2215 ciascun'altra per la
sua parte, massime di quelle ad essa più analoghe; lo dico dell'italiana,
massime in ordine alla facoltà immaginativa, e concettiva del bello, del nobile,
del grazioso ec. la qual facoltà da nessuna moderna lingua può tanto essere
aiutata come dall'italiana, avendola ben conosciuta e familiare, o materna o no
ch'ella ci sia. (3. Dic. dì di S. Franc. Saverio. 1821.)
[2231,2] Di quante parole o frasi forestiere antiche o
moderne, diciamo giornalmente fra noi stessi, o interrogati del loro valore, questa non si può esprimere in nostra lingua, il
significato non ve lo posso precisamente spiegare. Che cosa
sono esse? idee, o parti, o qualità e modificazioni d'idee, che quelle lingue e
quelle nazioni hanno, e che la nostra non ha, benchè ne sia capacissima, perchè
imparando quelle lingue, le comprende benissimo, e chiaramente. (6. Dic.
1821.)
[4173,8]
Magnum videlicet
illis
*
(Athenaei) temporibus videbatur, duabus
linguis posse loqui: quod in nescio quo habitum loco miraculi refert
Galenus: δίγλωττóς
τις, inquit, ἐλέγετο πάλαι, καὶ ϑαῦμα τοῦτ᾽ ἦν, ἄνϑρωπος εἷς,
ἀκριβῶν διαλέκτους δύο
*
. Bilinguis olim quidam dicebatur: eratque res
miraculo mortalibus, homo unus duas exacte linguas
tenens.
*
Haec Galenus in secundo de Differentiis
pulsuum.
*
Casaub.
Animadv. in Athenae. lib. 1. cap.
2. (Bologna 14. Aprile.
1826.).
[2112,1] Come anche le costruzioni, l'andamento, la struttura
ch'io chiamo naturale in una lingua, distinguendola dalla ragionevole, logica,
geometrica, abbia una proprietà universale, e sia da tutti più o meno facilmente
appresa (almeno dentro una stessa categoria di nazioni e di tempi), e come per
conseguenza la semplicissima e naturalissima (sebbene perciò appunto
figuratissima) struttura della lingua greca, dovesse facilitare la di lei
universalità; si può vedere in questo, che le scritture le più facili in
qualunque lingua per noi nuova o poco nota, sono quasi sempre e generalmente
2113 le più antiche e primitive, e quelle al cui tempo,
la lingua o si veniva formando, e non era ancor pienamente formata, o non
peranche era incominciata a formare. Così accade nello spagnuolo, così ne'
trecentisti italiani (i più facili scrittori nostri), così nella stessa
oscurissima lingua tedesca, i cui antichi romanzi (come di un certo Romanzo del 13.zo sec. intitolato Nibelung, dice espressamente la Staël) sono anche oggi assai più facili e
chiari ad intendersi, che i libri moderni. Accade insomma il contrario di quello
che a prima vista parrebbe, cioè che una lingua non formata, o non ben formata e
regolata, {e poco logica,} sia più facile della
perfettamente formata {, e logica.} (Eccetto le minuzie
degli arcaismi, che abbisognano di Dizionario per intenderli ec. difficoltà che
per lo straniero apprentif è nulla, e
non è sensibile se non al nazionale ec. ec. {+Eccetto ancora certi ardiri propri della natura, e
diversi secondo l'indole delle nazioni delle lingue, e degl'individui in
que' tempi, i quali ardiri piuttosto affaticano, di quello che impediscano
di capire. v. p. 2153.})
Parimente infatti
2114 i più antichi scrittori greci
sono i più facili e chiari, perchè i più semplici, e di costrutti e frasi le più
naturali, e lo studioso che intende benissimo Senofonte, Demostene, Isocrate ec. si
maraviglia di non intendere i sofisti, e Luciano, e Dion Cassio, e i
padri greci, e altri tali; e molto sbaglierebbe quel maestro che facesse
incominciare i suoi scolari dagli scrittori greci più moderni, credendo, come
può parere a prima giunta, che i più antichi, e più perfettamente greci, debbano
esser più difficili. Così pure accade nel latino, che i più antichi sono i più
facili, e di dizione più somigliante di gran lunga alla greca, che tale fu
infatti la letteratura latina ne' suoi principii, e la lingua latina, anche
prima della letteratura, e l'una e l'altra indipendentemente ancora
dall'imitazione e dallo studio degli esemplari e letteratura greca. Son più
facili gli antichi poeti latini, che i prosatori del secol d'oro. (18.
Nov. 1821.).
Related Themes
Lingue. (pnr) (13)
Civiltà. Incivilimento. (1827) (4)
Varietà. (1827) (4)
Universalità delle lingue. (1827) (4)
Saperne molte aiuta il pensiero. (1827) (4)
Della natura degli uomini e delle cose. (pnr) (2)
Francesi. (1827) (2)
Lingua universale. (1827) (2)
Uniformità delle nazioni moderne ec. (1827) (2)
Dialetti. (1827) (2)
Dialetti latini. (1827) (1)
Dialetti italiani ec. (1827) (1)
Natura e Fortuna; provvidenza ed arte. (1827) (1)
192. Cognizione di più lingue giova alla facilità, chiarezza e precisione del pensare, del concepire, del fissare e determinare seco stesso le idee. (varia_filosofia) (1)
Greca (lingua), se avesse tenuto e tenesse in il luogo della latina, gran vantaggio ne seguirebbe. (1827) (1)
Greci, ignoranti del latino ec. (1827) (1)
scrivevano, parlavano ec. in greco. (1827) (1)
Cinquecentisti. Trecentisti, ec. (1827) (1)
. (1827) (1)
Carattere, lingua ec. ec. (1827) (1)