{#1. Vedi a questo
proposito la pag. 3441.}{+Non ha niente, e però questo significato è
nuovo e da aggiungersi ai vocabolari latini, cioè rodere per prurire. (non è neutro però giacchè n'abbiamo veduto il
passivo, quantunque si potrebbe disputare pro e contra. Nota ancora che
rodere per erodere è bensì raro, appo Celso, pur si trova l. 7. c.
2. verso il fine. Nel lib. 7 c.
23. c'è il vocabolo rosio che non ha significato chiaro e si può
spiegare in un modo e nell'altro, sebbene appena si può prendere anzi
non si può per l'azione del corrodere, ma per il senso di ciò, vale a
dire di un prurito veemente: Q1180144fereque a {die} tertio spumans bilis alvo cum rosione
redditur. E questo mi pare anzi il significato suo
certo in questo luogo, come apparisce dal contesto, dove nè prima nè dopo
non si parla punto nè d'effetti nè di rimedi o altro analogo a corrosione.
Rodere si trova anche in significato dubbio 3.
volte nel l. 7. c. 26. sect. 4. circa il
fine e c. 27. dopo il
mezzo.}{+E quanto all'incidere, si trova anche in simile maniera §. 11. viaf180774635Evenit ut ante sit
respondendum quam sit ponenda narratio, ut pro Milone: incidit
caussę[caussae] genus quod
summam habet quęstionis[quaestionis]. E ib. ec.}{+V. a tal
proposito un luogo notabile di Platone, opp. ed. Astii, t. 4. p. 236. lin.
8-16.}{Fa al proposito l'esempio d'Achille piangente i suoi
mali mentre ha Priamo a' suoi
ginocchi.}{+V. Montesquieu
Grandeur ec. Ch. 5. p. 48. e la nota}{+e con tali altri
disastri, che si considerano come mali, e quasi difetti della natura,
scusandola col definirli per accidenti fuori dell'ordine; ma che forse
essendo tali ciascuno, non lo sono tutti insieme; ed appartengono anch'essi
al gran sistema universale.}{+Descartes, Pascal.}{+Di Cicerone che tanto
incredibilmente affaticò la mente e la penna, e che nacque di
quell'ingegno e natura unica che ognun sa, niun dice che fosse di corpo,
non che infermiccio, ma gracile, le quali qualità oggi s'hanno per segni
caratteristici, e condizioni indispensabili de' talenti non pur sommi ma
notabili, e massime di chi avesse coltivato e occupato tanto la mente
negli studi letterari e nello scrivere, come Cic. anzi per una metà. Quel che dico di Cic. può dirsi di Platone, e di quasi tutti i
grandissimi ingegni e laboriorissimi[laboriosissimi] letterati e scrittori antichi. V. però Plutarco
Vita di Cic.}{+V. Virg.
Georg. 4. Q674439Qualis populea moerens
philomela sub umbra ec.}{+(un cortigiano)}{+(e perciò è verissimo, e l'ho provato anch'io, che chi
non è stato mai sventurato, non sa nulla. Io sapeva, perchè oggidì non si
può non sapere, ma quasi come non sapessi, e così mi sarei regolato nella
vita.)}{+(oltre i dolori delle sventure ec.)}{Q3922215Perciocchè le
scritture greche si leggono in quasi tutte le genti, le latine
restano dentro a' loro confini così stretti come
sono. Cic. l.
c.}{+come non è universale oggi la lingua inglese
perciò ch'ella è stabilita e si parla come lingua materna in tutte quattro
le parti del mondo. (in ciascuna delle quattro parti)}{+Simili al march. D'Argens, di cui dice Federico
nelle Lettere, che per pigrizia, non avrebbe voluto
pur respirare, se avesse potuto.}{Quanto alle malattie dove l'uomo si estingue appoco appoco, e con piena
conoscenza fino all'ultimo, è certo che non v'è momento così
immediatamente vicino alla morte, dove l'uomo anche il meno illuso non
si prometta un'ora almeno di vita, come si dice de' vecchi ec. E così la
morte non è mai troppo vicina al pensiero del moribondo, per la solita
misericordia della natura.{{V. p. 599. capoverso
2.}}}{+Non basta intendere una proposizion
vera, bisogna sentirne la verità. C'è un senso della verità, come delle
passioni, de' sentimenti, bellezze, ec.: del vero, come del bello. Chi la
intende, ma non la sente, intende ciò che significa quella verità, ma non
intende che sia verità, perchè non ne prova il senso, cioè la
persuasione.}{+Così se non sapessi altro che due
denominazioni ec.}{+quantunque noi sappiamo benissimo il loro significato, e l'estensione o
quantità precisa e misurata, che comprendono: ma in questo caso non
basta sapere {interamente} il significato della
parola, per concepire l'idea significata (cosa che forse non accade in
altro caso, se non in parole indefinite, o che esprimono idee
indefinite): e ciò}{+e
castigatezza}{V. la pag. 388. di questi pensieri,
fine.}{+V.
p. 433. capoverso 1.}{+Osservate ancora che tutto quello
che v'è di meno della civiltà media nello stato di un popolo, è contrario al
Cristianesimo, o deriva da corruzione di esso, come nello stato de' bassi
tempi, della Spagna ec. Perchè il Cristianesimo puro,
conduce, anzi equivale a una sufficiente e giusta civiltà, quanta nè più nè
meno conviene all'uomo sociale.}{+E questa è la
conclusione, la sostanza, il ristretto, la sommità, la meta, la perfezione
della sapienza.}{+E questa è la sommità
dell'ignoranza.}{+Anzi naturalmente, l'individuo appena può
concepire formalmente un altro individuo di diverso carattere, indole,
pensare, fare ec. Al più concepirà che questo sia, perchè lo vede, ma non il
come sia, non la espressa e definita costituzione di quell'individuo,
diversa dalla sua. Neanche nelle menome e accidentali differenze, e
quotidiane e usuali.}{+benchè chi teme speri sempre
che il soggetto del suo timore non si verifichi.}{+Più manifesto, e conforme
all'uso italiano è questo idiotismo (vero idiotismo, perchè non è locuzione
regolare, anzi falsa secondo la dialettica e la costruzione) in Orazio
Od. 16. l. 2, v. 13. Q943884Vivitur
parvo bene, cui
paternum ec. cioè si
cui (che neppur essa sarebbe locuzione regolarissima) ma è omesso
il si, come appunto in italiano.}{+V. pur
nella Crusca
altronde per altrove, ed
aggiungi questo esempio di Bernardino Baldi egloga 10. Melibea, verso il fine, (Versi e
prose di Mons. Bern.
Baldi. Venetia 1590. p 204.) viaf23011723Fuggiam fuggiamo altronde, Ch'a
noi sen vien a volo Di vespe horrido stuolo, E sotto aurato
manto il ferro asconde.
V. nel Forc.
aliunde in un esempio per alibi. V. pure il
Dufresne in inde, unde, aliunde, alicunde ec. se ha nulla
al caso. V. p.
1421.}{Ιδιον,
strano. V. le mie osservazioni sui Taumasiografi greci. Mirum hoc videri potest, quod, etc..}{+(e infinito in ciascuno istante, cioè attualmente)}{V. Goguet, Origine delle scienze e
delle arti.}{+V. Goguet loc. cit.}{+Le
cose non andavano più alla buona, nè secondo natura, e questo o quello non
andava in questo o quel modo, se non per una necessità certa e definita: ed
era divenuta indispensabile, quella che ora lo è molto più, in proporzione
della maggior corruttela, cioè la matematica delle cose, delle regole, delle
forze.}{+E la ragione è, che tolte le
credenze e illusioni naturali, non c'è ragione, non è possibile nè umano,
che altri sacrifichi un suo minimo vantaggio al bene altrui, cosa
essenzialmente contraria all'amor proprio, essenziale a tutti gli animali.
Sicchè gl'interessi di tutti e di ciascuno, sono sempre infallibilmente
posposti a quelli di un solo, quando questi ha il pieno potere di servirsi
degli altri, e delle cose loro, per li vantaggi e piaceri suoi, sieno anche
capricci, insomma {per} qualunque soddisfazione
sua.}{+V. p. 609.
capoverso 1.}{+Certo è che, o la non la significa nulla, o significa quel
ch'io dico, e mostra che il mio sistema piacque agli antichissimi: con altro
sistema la non si spiega.}{detto di D'Alembert, Éloges de l'Académie Françoise
(così, Françoise)}{#* Δίκαιος. Dabbene,
uomo probo}{#+ Συκοϕάντης.
Calunniatore, delatore, spione. Non sono nomi propri.}{+quando anche il
suo male non consista che in assenza di beni;}{I sommi dolori corporali non si sentono, perchè o
fanno svenire, o uccidono.}{+V. in questo proposito Senofonte. Ἀθηναί.
πολιτεία κεϕ. β΄.§. η΄.}{Con ogni esame mi sono accertato che il verbo duco
{e il verbo facio} per la copia de'
composti, sopraccomposti, con preposizione e senza, derivati e loro
composti, significati ed usi propri e traslati, tanto di questi che suoi, è
adattattissimo a servire di esempio. {{(Ludifico, carnifex,
sacrificium, {labefacto} ed altri
infiniti sono i composti del verbo facere senza preposizione nè
particelle ec. ma con altri nomi, alla greca.)}} E con
queste considerazioni vedrete quanto la primitiva natura della lingua latina
fosse disposta, a somiglianza della greca, alla onnipotenza di esprimer
tutto facilmente, e tutto del suo ed a sue spese; alla pieghevolezza,
trattabilità, duttilità ec. Come questa facoltà di servirsi così bene delle
sue radici, di estendersi, dilatarsi guadagnare {conquistare} con sì
743 poca fatica,
metter così bene e a sì gran frutto il suo proprio capitale, coltivare con
sì gran profitto il proprio terreno; questa facoltà dico, che nella lingua
greca durò sino alla fine, come venisse così presto a mancare nella lingua
latina, alla quale abbiamo veduto ch'era non meno naturale e caratteristica
che alla greca, a cui poi si attribuì {e si attribuisce} come
esclusivamente sua, verrò esponendolo e assegnandone le ragioni che mi
parranno verisimili.}{+(v. p. 801. fine.}{+anzi io non voglio contendere s'egli, quanto a se,
giovasse piuttosto o pregiudicasse alla sua lingua, perchè i suoi ardimenti
paiono a tutti, e li credo anch'io, se non altro, in massima parte,
felicissimi;}{Frontone non sognò neppure la
massima di vietare la conveniente e giudiziosa novità e formazione delle
parole o modi, anzi egli stesso ne dà esempio di tratto in tratto.}{+Il suo peccato si può ridurre all'aver considerato come modelli di buona
lingua, piuttosto Ennio che Virgilio e che lo stesso Lucrezio (che tanto l'arricchì nella
parte filosofica) piuttosto Catone
che Tullio; all'aver creduto che in
quelli e non in questi fosse la perfezione della lingua latina, all'avere
attinto più da quelli che da questi, e consideratili come fonti più ricchi o
più sicuri ec.; o certo aver loro attribuita senza veruna ragione (conforme
però all'ordinario rispetto per l'antico) maggiore autorità in fatto di
lingua. ec. ec.}{+I primi
scrittori latini, il loro linguaggio sacro o governativo ec. antico (come
lectisternium antica festa romana) abbondano
siffattamente di parole composte alla greca di due o più voci, che non si
può forse leggere un passo di detti autori ec. senza trovarne, ma la più
parte andate in disuso. Spesso eran proprie di quel solo che le inventava.
Talvolta anche di eccessiva lunghezza, come clamydeclupetrabracchium parola di antico poeta riferita da Varrone (De L. L. lib. 4.) (p. 3. della mia
edizione del 400.}{+E di queste
abbondiamo anzi più de' latini, e forse anche dei greci stessi, e credo
certo anche de' francesi e degli spagnuoli.)}{V. il Monti,
Proposta alla voce Nonuso, e se vuoi p. 2078.}{+(sebbene allora pure in minor grado
che, non solo della greca, ma anche della latina)}{+(E
quello che dico delle parole dico anche delle locuzioni e modi, e dei nuovi
usi qualunque delle parole o frasi ec. già correnti, purchè questi abbiano
le dette condizioni.)}{+e le cui fonti sono disseccate e chiuse da gran tempo,
restando solo quel tanto ch'elle versarono mentre furono aperte, e quelle
lingue vissero.}{+E così quanto allo stile uniforme si può
dire in tutti, e in tutti i generi di scrittura, anche nelle traduzioni ec.
tirate per forza allo stile comune francese, ancorchè dallo stile il più
renitente e disperato; e quanto in somma all'unità del loro stile, e del
loro linguaggio che ho notata altrove p.
321.}{+ed avendo adottate
di pianta le rispettive nomenclature o linguaggi che aveano trovati presso
gli stranieri nello stesso genere, o in generi simili al loro (se per
avventura essi ne fossero stati gl'inventori):}{una
qualunque letteratura.}{Un'altra ragione, e fortissima è, che quando il genere ha già avuto uno
sommo, il genere non è più nuovo; non vi si può più essere originale, senza
che, è impossibile esser sommo. O se vi si potrebbe pur essere originale,
v'è quella eterna difficoltà, che anche gl'ingegni sommi, vedendo una strada
già fatta, in un modo o in un'[un] altro
s'imbattono in quella; o confondono il genere con quella tale strada, quasi
fosse l'unica a convenirgli, benchè mille ve ne siano da poter fare, e forse
migliori assai.}{Dopo Molière la
Francia non ha avuto grandi comici, nè
l'Italia dopo Goldoni.}{+sinjusticia, sinsabor,}{+o quasi priva: non avendo che fare i
suoi suffissi ed affissi colla composizione, ma essendo come casi {o inflessioni} o accidenti {o
affezioni(πάθη)} de' nomi e de' verbi, o segnacasi ec. e non
variando punto il significato essenziale, nè la sostanza della parola;
come presso noi batterlo, uccidermi, dargli,
andarvi, uscirne ec. che non si chiamano, nè sono composti nel
nostro senso.}{+V. se vuoi, Soave, append. al Capo 1. Lib. 3. del
Compendio di Locke, Venezia 3.za edizione 1794.
t. 2. p. 12. fine - 13. e Scelta di opusc. interess.
Milano 1775. Vol. 4. p. 54. e questi
pensieri p. 1070. capoverso
ult.}{+ed alla chiarezza delle
idee che debbono risultare dalla parola, chiarezza quasi incompatibile
colle nuove radici (v. p.
951.), e compatibilissima coi nuovi composti; oltre alla
mancanza di gusto che deriva
dalle nuove radici, le quali sono sempre termini, come ho spiegato altrove pp. 109-111: non così i composti derivati
dalla propria lingua.}{+(anzi ancora quegli stessi più che mai
assuefatti a tali cose pretese indispensabili, quando per mille
diversità di accidenti, si trovano in circostanza di mancarne, alle
volte anche volontariamente).}{Osservate in
questo proposito che essendo certo non potersi perfezionare il corpo
dell'uomo, anzi deperire nella civiltà, e quindi non darsi perfettibilità
dell'uomo in quanto al corpo, (la quale infatti niuno asserì nè
asserirebbe), tuttavia si sostiene la sua perfettibilità infinita in quanto
all'animo (quando intorno al corpo, volendo anche prendere per perfezioni
quelle che oggi si credono tali, e in natura sono la maggior parte il
contrario, certo però la perfettibilità sarebbe finitissima).}{+quanto sia di scoperta recentissima o
assolutamente, o in comparazione dell'antichità della specie umana;}{+vuol dire che il fare non è proprio nè
facoltà che della natura, e non della ragione; e siccome quegli che fa è
sempre signore di chi solamente pensa, così i popoli o naturali o
barbari che si vogliano chiamare, saranno sempre signori dei civili, per
qualunque motivo e scopo agiscano.}{+E il ben comune, risultava effettivamente da dette
società, simili più o meno alle naturali, e conforme alle considerazioni
fatte nel precedente corollario.}{+Sono notabilissime in questo proposito le sue
due Orazioni
Πανηγυρικός, e πρὸς Φίλιππον,
dove inculca di proposito l'odio de' Barbari nello stesso tempo e per le
stesse ragioni che l'amore dei greci, e come conseguenza di questo. V. specialmente quel luogo del
panegirico, che comincia Q3893205Eὐμολπίδαι δὲ καὶ
Kήρυκες, e finisce Q3893205τῶν αὐτῶν ἔργων
ἐκείνοις ἐπιϑυμῶμεν, dove parla di Omero e de' Troiani, p. 175.-176. della
edizione del Battie,
Cambridge 1729. molto dopo la metà
dell'orazione ma ancor lungi dal fine.}{+Quella nazione dove regna fortemente e
vivacemente ed efficacemente l'amor nazionale, è come un grande individuo: e
alla maniera dell'individuo, amando se stessa, si ama di preferenza, e {desidera, e} cerca di superare le altre in qualunque
modo.}{+Dal che
potete intendere il danno delle sette, sì di qualunque genere, come
particolarmente di queste famose moderne e presenti, le quali ancorchè
studiose o in apparenza, o, poniamo anche, in sostanza del bene di tutta la
patria, si vede per esperienza, che non hanno mai fatto alcun bene, e sempre
gran male, e maggiore ne farebbero, se arrivassero a prevalere, e conseguire
i loro intenti; e ciò per le dette ragioni, e perchè l'amor della setta
(fosse pur questa purissima) nuoce all'amore della nazione ec.}{+Anticamente il privato perdeva individualmente le sue
proprietà perchè individualmente ne aveva. Ora non egli che non le ha
individualmente, e non le può perdere, ma il suo principe vinto perde tutte
insieme le proprietà de' suoi sudditi, ch'erano generalmente ed unitamente
sue; e questo per conseguenza accade senza cangiamenti nello stato de'
particolari, e senza nuove violazioni de' diritti privati e
individuali.}{+allora i vinti erano miseri e schiavi, cosa
naturalissima in tutte le specie di viventi, oggi lo sono nè più nè meno
anche i vincitori e fortunati, cosa barbara e assurda;}{+(Il che però ne'
miei principii si deve intendere solamente nel caso che quelle nazioni
combattute da una potenza dispotica non siano dominate da vero amor di
patria, o meno, se è possibile, di quella nazione soggetta al dispotismo. E
tale era la grecia ai tempi Macedonici, laddove la
sola Atene aveva una volta resistito alla potenza
dispotica della Persia, e vintala. Perchè del resto è
certo che un solo vero soldato della patria, val più di dieci soldati di un
despota, se in quella nazione monarchica non esiste altrettanto o simile
patriotismo. E appunto nella battaglia di Maratona,
uno si trovò contro dieci, cioè 10.m. contro 100.m. e vinsero.)}{+essendo sempre continuo il pericolo che
i governi portano l'uno dall'altro. E ciò ancora è manifesto dal fatto, e
dalle grandi forze che si tengono ora in tempo di pace, così che non c'è ora
un tempo dove un paese resti disarmato, {anzi non bene
armato,} a differenza sì de' tempi antichi, sì de' secoli
cristiani anteriori a questi ultimi.}{+Queste mie
osservazioni sono in senso tutto contrario a quello dell'Essai
ec. loc. cit. da me p.
888 il quale fa derivare la moltitudine delle armate moderne
dallo spirito ed odio nazionale, ed egoismo delle nazioni, ed io (credo
molto più giustamente) dalla totale ed ultima estinzione di questo spirito,
e quindi di quest'odio, e di questo egoismo.}{+V. il Pignorio
de Servis, e, se vuoi,
l'articolo originale del Cav. Hager nello
Spettatore di Milano 1. Aprile
1818. Quaderno 97. p. 244. fine - 245. principio, dove si tocca
questo argomento della gran moltitudine de' servi romani, e se ne adducono
alcuni esempi e prove, e si cita il detto Pignorio che dovrebbe trovarsi nel Grevio ec. Cibale schiava Affricana è
nominata nel Moretum.}{V.
The Monthly Repertory of english literature,
Paris, June 1811. no. 51, vol. 13. p.
317. 325. 326.}{+Conseguenza naturale della detta costituzione, sebbene
Arriano lo riferisce
staccatamente, e come indipendente, e non vede la relazione che hanno queste
cose tra loro. V. p. 943. capoverso
2.}{+(sia che le dette mutazioni,
{o vogliamo, diversità} di lettere
esistessero già nello stesso latino, sia che vi fossero introdotte, nel
passare questa parola dal latino in italiano)}{+Così alla teutonica, alla slava
ec. e fra le orientali all'arabica, colla diffusione de'
maomettani.}{{Che} la lingua Ebraica fosse distinta in dialetti nelle stesse
tribù Ebraiche, dentro la stessa Cananea, v. Iudic. c. XII. vers. 5.-6. e quivi i
comentatori. La
lingua Caldaica ec. non è che un Dialetto dell'Ebraica. La samaritana
parimente; o l'ebraica è un dial. della Samarit. o figlia o corruzione
di essa. ec. De' tre dialetti egiziani-coptici {tutti
tre scritti,}
v. il Giorgi.}{+La confusione de' linguaggi che
dice la Scrittura essere stato un gastigo dato da Dio agli uomini, è
dunque effettivamente radicata nella natura, e inevitabile nella
generazione umana, e fatta proprietà essenziale delle nazioni
ec.}{+Ed eccetto che il
valore di {alcuni di} questi vocaboli si
diversifica {talvolta} per via di quattro toni,
dell'uno dei quali si appone loro il segno (Annali ec. p. 317.- 318. e 320. lin.
7.), tutti gli altri vocaboli Chinesi}{+il genio della lingua non ammette il soccorso
delle comuni particelle di connessione, e presenta meramente una
fila d'immagini sconnesse, i cui rapporti debbono essere
indovinati dal lettore, secondo le intrinseche loro
qualità. (298.)}{+(più o meno vasto
secondo la materia, e secondo che l'ingegno del filosofo è sublime, e
secondo ch'è acuto e penetrante nella investigazione speculazione e
ritrovamento de' rapporti)}{+Dello stato e
genio pacifico degli antichi Indiani v. p. 922. De' Cinesi parimente meridionali
v. p. 943. capoverso
ultimo.}{+E
quanto alla latina, le deve bastare quello che per le circostanze de' tempi
antichi ec. ella ne ha tolto, colle comunicazioni avute coi romani ec. ma
questa fonte si deve ora ben ragionevolmente stimar chiusa per lei, come
quella che non ne deriva originariamente, e vi ha solo attinto per cause
accidentali.}{+e non solo prodotta, ma formata e cresciuta sì
largamente}{+e di più
l'ha allevata, e condotta a perfettissima maturità e robustezza e vigore
ec.}{Articolo del Monthly Magazine nello Spettatore di Milano 15. Ottob. 1816. Quaderno
62. p. 78-79. intitolato Lingua
Persiana. Parte straniera.}{+Altrimenti si dovranno stimar barbare tante parole purissime e
italianissime che derivano dalla bassa latinità (e così dico francesi
ec.), e come tali sono registrate ne' Glossari
latinobarbari.}{+cioè l'uno del
dialetto ionico puro, l'altro del dialetto
ionico variato o misto.}{+Che altro è questo se non ritornare l'arte
{dello scrivere} all'infanzia?}{Occhio però
viene da oculus come da somniCULosus, sonnaCCHIoso, e
l'antico sonnoCCHIoso, da auricula, orecchia, da geniculum o genuculum, ginocchio (v. pag. 1181. marg.), da foeniculum, finocchio, da macula, macchia, da apicula
o apecula, pecchia,
da stipula, stoppia,
(bisogna notare che anche gli spagnuoli dicono ojo da oculus, come oreja, oveja da auricula, ovicula
ec.) da ungula, unghia ec.
v. p.
2375. (e la p. 2281. e
segg.).}{+e Bibl. Italiana vol. 8. p. 208 rendendo conto
dell'opera dello stesso Hager:
Observations sur la ressemblance frappante que l'on
découvre entre la langue des Russes et celle des
Romains. Milan. 1817. chez Stella, en 4.o.
gr. dove l'autore dimostra questa propagazione}{+Il che
dimostra sì che gli stessi scrittori sì che i lettori greci erano
ignorantissimi del latino, da che gli scrittori non giudicavano di poter
citare parole latine, com'elle erano scritte; e di rado anche le usavano
in lettere greche, al contrario de' latini rispetto alle voci greche e
passi greci in caratteri latini ec.}{+E son pur da vedere in questo proposito
le memorie di Trévoux, anno 1711. p.
914.}{+Abuso simile a quello che ne facevano
talvolta gli antichi scrittori, e massime poeti, latini, ma assai maggiore,
secondo la natura de' popoli orientali che sogliono sempre e in ogni genere
spingersi fino all'ultimo e intollerabile eccesso delle cose.}{+nè quel sapore aromatico; nè quello splendore
abbagliante, come dice il citato giornale, nè quel fasto nè quella voluttà,
nè quei profumi (sono espressioni dello stesso);}{+E certo se la poesia settentrionale
pecca in qualche cosa al gusto nostro, egli è nell'eccesso del sombre,
del buio, del tetro; e la orientale al contrario, nell'eccesso del vivo,
del chiaro, del ridente, del lucido anzi abbarbagliante ec. Vedete
quanta conformità di carattere fra queste due poesie!}{+v. Andrès, Stor. della
letteratura, edizione di Venezia,
Vitto. t. 9. p. 328 - 329. cioè Parte 2. lib. 4. c. 3.
principio.}{+Eliano, conosciuto solamente come scrittor greco,
fu di Preneste, e quindi cittadino Romano, ed appena
si mosse mai d'Italia. Nondimeno dice di lui Filostrato: Q20552068῾Pωμαῖος μὲν ἦν, ἠττίχιζε δὲ
ὥσπερ οἱ ἐν τῇ μεσογείᾳ ᾽Aϑηναῖοι. (Fabric. 3. 696. not.)}{Intorno a Marcaurelio puoi vedere la p. 2166. fine.}{+che son quasi nulla rispetto al
numero ed estensione delle dette provincie greche, massime paragonandoli
alla gran copia degli altri scrittori latini forestieri di ciascuna provincia, ancorchè minore.}{+in Gemisto è maravigliosa l'una e
l'altra. Tolti alcuni piccoli erroruzzi di lingua (non tali che sieno
manifesti se non ai dottissimi) le sue opere o molte di loro si possono
sicuramente paragonare e mettere con quanto ha di più bello la più
classica letteratura greca e il suo miglior secolo.}{+giacchè è rigettata da' {tutti i} buoni critici l'opinione che
quell'Evangelio fosse scritto originariamente in
latino;}{+Per lo contrario Giuseppe Ebreo nel proem. dell'Archeol. §.
2. principio e fine, chiama Greci tutti coloro che non erano
Giudei, o sia gli Etnici, compresi per cons. anche i romani. E così nella Scrittura viaf182607198Ἕλληνες passim opponuntur
Iudaeis, et vocantur ethnici, a Christo
alieni (Scapula). Così ne' Padri antichi. Il che pure
ridonda a provare la mia proposizione. E Gioseffo avendo detto di scrivere per tutti i Greci (cioè i non ebrei), scrive in
greco. V. anche il Forcell.
v. Graecus in
fine.}{(Fabric. 3. 229. fine e 231. principio.)}{+e n'è la
cagione sì per se stessa e immediatamente, sì per la somiglianza che
produce fra la lingua volgare e quella della letteratura, fra la parlata
e la scritta.}{+La qual nota è del Loschi. Che però egli s'inganni, lo mostrano le mie
osservazioni sopra la lingua di Celso
pp. 32-36 ,
scrittore non dell'antica e mal formata, ma della perfetta ed aurea
latinità.}{+Aggiungete
che l'esser la lingua latina universalmente conosciuta, e stata in uso nel
mondo, ed ancora in uso in parecchie parti della vita civile, non solo giova
alla ricchezza della fonte ec. ma anche al poterne noi attingere con assai
più franchezza. Se la lingua teutonica fosse pure stata altrettanto grande e
ricca, ed a forza di studio si potesse pur tutta conoscere ec. che cosa si
potrebbe attingere da una lingua dimenticata, e nota ai soli dotti ec. ec.?
chi potrebbe intendere a prima giunta le parole che se ne prendessero? ec.
V. p. 3196.}{+Ma nel terzo secolo T. Giulio Calpurnio Siciliano, poeta Bucolico, contemporaneo
di Nemesiano, scrisse in
latino. E così altri Siciliani ec.}{+e molto più, diffuse, come la
latina, fra tanta diversità di nazioni e di lingue.}{+le quali si possono anche inferire
dalle diverse lingue nate dalla latina ne' diversi paesi, ed ancora viventi
(che dimostrano una differenza d'inflessioni, di costrutti, di locuzioni ec.
che se anticamente non fu tanta quanta oggidì, certo però è verisimile che
fosse qualche cosa, e che appoco appoco sia cresciuta, derivando dalla
differenza antica)}{Notabile che
come gli antichi si rassomigliano al carattere meridionionale e i moderni al
settentrionale, così la civiltà ec. antica fu principalmente meridionale, la
moderna settentrionale. È già notato che la civiltà progredisce da gran
tempo (sin da' tempi indiani) dal sud al nord, lasciando via via i paesi del
sud. Le capitali del mondo antico furono Babilonia,
Menfi, Atene,
Roma; del moderno, Parigi,
Londra, Pietroburgo! che
climi!}{Così Dante nell'italiano,
ec.}{+Lo stesso dirò della
Grecia, dove il latino fu introdotto
solamente come lingua del governo ec. v. p. 982.
p. 983. Lo stesso pure
dell'italiano, dello Spagnuolo, del Francese, i quali parimente
scacciarono la stessa lingua lor madre, dall'uso civile, politico,
letterario. E questo si può vedere pure nell'esempio della lingua
francese introdotta come civile ec. in
Inghilterra per la conquista de' Normanni
(v. p. 1011. fine);
dell'arabica introdotta già nello stesso modo in parte della
Spagna (Andrès 2. p. 263. - 273.), e poi
similmente scacciate dalla letteratura e da ogni luogo. V. pure gli Ann. di Sc. e
lett. num. 11. p. 29 - 32.}{+Massimamente se le dette parole non si trovano oggi se non se nella lingua
francese, e se mancano all'italiana.}{+Giacchè le altre parole greche introdotte
già nel latino prima di quel tempo, ancorchè venute dalle colonie greche
d'italia, non fa maraviglia se passarono col
latino anche in Francia ed altrove.}{+mostra la
differenza delle nature de' tempi anche in
Francia ec. E notate che {anche}
Amiot, come {pure}
Montagne, Charron ec. furono nel secolo del 500. epoca
della vera formazione delle lingue italiana e spagnuola, e della
letteratura di queste nazioni.}{+in proporzione
della diversità de' tempi, naturalmente assai minore di quella che corre
fra il tempo presente, e quello della formazione p. e. della lingua
italiana}{+da Locke in poi,
(Sulzer, l. cit. qui dietro, p. 101. nota del Soave)}{Religione Maomettana.}{+(quantunque ella possa alterare e corrompere la lingua popolare
introducendoci parole e frasi appoco appoco)}{+il pollice, ossia il primo dito, stia nel principio della serie, che}{+Infatti nel latino, posterior vuol dire secundus
ordine, loco, tempore (Forcellini), e così propriamente il greco ὕστερος: Q651941κυριώτερα τὰ ὕστερα
νομίζεται καὶ βεβαιότερα τῶν πρώτων.
Plutarco, Convival.
Disputat. l. 8. (Scapula) quantunque possa venir dopo, {o dietro,} anche quello che non è secondo. Così pure
nell'italiano posteriore ec.}{+E
lo stesso differente effetto si vede anche in una stessa persona, secondo i
diversi abiti e metodi temporanei di attività e diligenza, o inattività e
negligenza.}{+Applicate a questa osservazione le barbare e
ridicolissime e mostruose mode (monarchiche e feudali), come guardinfanti,
pettinature d'uomini e donne ec. ec. che regnarono, almeno in
italia, fino agli ultimissimi anni del secolo
passato, e furono distrutte in un colpo dalla rivoluzione (v. la lettera di Giordani a Monti §.
4.) E vedrete che il secolo presente è l'epoca di un vero
risorgimento da una vera barbarie, anche nel gusto; e qui può anche notarsi
quel tale raddrizzamento della letteratura in italia
oggidì.}{V. p. 1087 fine.}{+E ancora dall'amor proprio messo in
movimento, e renduto desideroso dell'amore e della stima di chi ti
dispregia, perch'ella ti pare più difficile, e quindi la brami di più ec. E
così accade anche agli uomini verso le donne o ritrose, o motteggianti
ec.}{+al qual proposito è noto che il
Mariana attribuisce al Don Chisciotte (che è
quanto dire al ridicolo sparso sulle forti e vivaci e dolci illusioni)
l'indebolimento del valore (e quindi della vita nazionale, e gli orribili
progressi del dispotismo) fra gli spagnuoli. Ho detto il Mariana, e così mi pare. Trovo però lo stesso
pensiero nel P. d'Orléans, Rivoluz. di Spagna lib. 9. Ma il Mariana mi par citato a questo
proposito dalla march. Lambert, Réflex.
nouvelles sur les femmes).}{+(cioè non di una o più frasi, di
questa o quella finezza in particolare, ma di tutte in grosso)}{+v. p. 1091.}{+Anzi elle sono essenzialmente e caratteristicamente
antiche, ed è forse l'unica parte in cui l'età presente somiglia
all'antichità. Puoi vedere in tal proposito la lettera di Giordani a Monti nella Proposta ec. vol. 1. part. 2. alla
voce Effemeride, dove Giordani discorre delle barbarie antiche
rinnovate oggi.}{+Traher vale alle volte dimenare e
muovere dice il Franciosini in traher. Ora per dimenare appunto
{o in senso simile} si adopra spesso il
verbo tractare, o l'italiano trattare, come in Dante ec. v.
la Crusca in Trattare e
specialmente §. 5.}{+(e notate che adspicere, e specere o spicere negli antichi, significano azione più
lunga di intueri ec. ma adspectare e spectare anche più lunga di
loro; e così respectare dal quale abbiamo rispettare che non è atto, ma abito, o azione
abituale ec. e così gli altri composti di spectare). {{V. p.
2275. ed En. 6. 186.
adspectans, e osservane la forza, e nota
che poteva egualmente dire adspiciens.}}}{+E da acceptus di accipere,
acceptare, il cui significato continuativo si
può vedere nel secondo e 3.o esempio del Forcellini, che
significano, non il semplice ricevere, ma il costume continuato di ricevere,
e dico continuato, e ben diverso dal frequente. V. p. 1148.
{{V. Exceptare in Virg.
Georg. 3. 274.}}}{#(1.) Intorno ai participii in tus de' verbi neutri o attivi latini, come essendo
di desinenza passiva, avessero spesso la significazione attiva o neutra, v.
le note del Burmanno al Velleio
l. 2. c. 97. sect. 4.
{Infatti il latino secondo l'opinione volgare mancherebbe di
participi passati significanti azione, fuorchè
deponenti.} V. Forcellini, voc. Musso. fine, e v.
Partus a um, e Pransus
{{e Coenatus, e p. 2277.}}
{{2340.}}}{+e
{consultare da consultus di consulere; commentari e commentare da commentus di comminisci e comminiscere}
natare dall'antico natus o natum di nare; e reptare
(di cui v. se vuoi, Forcellini) da reptus o reptum di
repere; e offensare da offensus di offendere; e argutare ed argutari
(v. Forcell. da argutus di arguere; e occultare da occultus di occulere; e pressare da pressus
di premere (gl'ital. i franc. ec. e il
glossar. hanno anche oppressare da oppressus); v. p. 2052.
p.
2349.}{+V. nel Forcellini gli es. i quali
dimostrano che subvectare e convectare denotano propriamente il costume e
il mestiere di subvehere
ec.).}{+Del resto anche seguitare presso noi ha propriamente un senso più continuato
che seguire. v. p. 2117. fine.}{+traslatare da translatus di transferre, benchè da
questo verbo gl'italiani abbiano anche trasferire;
(translatare è nel Glossario.)}{+fissare e ficcare
(fixer, fixar) da fixus ec. (Glossar. fixare oculos.); disertare, déserter ec.; despertar
da experrectus di expergiscere; v. p. 2194}{+votare da votus di vovere;
(glossar.) da junctus di jungere lo spagnuolo juntar, (non è nel Glossar. bensì Iuncta per Giunta, voce
presa da scrittori spagnuoli latinobarbarici); invasare da invasus di invadere; (il Gloss. ha invasatus, cioè {obsessus} a dęmone) confessare
(Glossar.) da confessus di confiteri; e così mille altri. v. p. 1527. e p. 2023.}{V.
p. 2078.}{+V. il
passo di Cic. addotto dal Monti, e provati di
sostituirvi adlicere ad adlectare, se il puoi. {{In luogo che adlectare venga da lectus, Festo
dubito[dubitò] che lectus (sustantivo) venga da
adlicere. Forcell. in
Lectus
i.}}}{+o haesum}{+da meritus di merere,
meritare; (il quale par continuativo e
talora denotante costume), da pavitus antico
participio di pavere, pavitare; da solitus ec. solitare;}{+da strepitus o strepitum antico supino o participio di strepere, e da crepitus
o crepitum di crepare,
strepitare e crepitare; da scitus di sciscere o di scire, scitari, sciscitare e
sciscitari; da noscitus o noscitum antico supino o
part. di noscere, noscitare; da agitus antico particip. di
agere, contratto poscia in agtus, e finalmente mutato in actus, agitare.}{+Similmente rogitare da rogatus di
rogare, coenitare da coenatus di coenare. V. p. 1154.}{+(che i gramatici chiamano contrazione di ductitare e sbagliano), V. p.
2340.}{+Così pure del verbo vivere che ha il
frequentativo victitare, credono alcuni di trovare
in Plauto
victare (Captiv. 1. 1. v.
15.)
Da prandere che ha il
frequentativo pransitare, noi abbiamo pransare che oggi si dice pranzare, ma pranso aggettivo o
participio e sostantivo si trova nel Caro e in Dante. (Alberti). V. i Diz. spagnuoli.
v. p.
2194.}{Da mansus di manere si
ha mantare (p. mansare), e mansitare. V. p. 2149.
fine.}{v. p.
1162.}{+E il Forcellini nota molte volte che il tale
e tale frequentativo è spesso ed anche sempre usato nel senso medio del suo
positivo, nè perciò veruno dubita o dell'esistenza di questo genere di
verbi, o che quei tali non sieno frequentativi propriamente e
originariamente. I verbi formati {nuovamente} da'
participj nelle lingue figlie della latina, non hanno ordinariamente se non
la forza del positivo latino. V. p.
2022.}{+e pazzeggiare, passeggiare ec. punteggiare, da punto o da pungere
ec.}{+
tagliuzzare, sminuzzolare,}{V. in questo proposito p. 1240-42. e nota che i
verbi in eggiare, par che almeno talvolta abbiano
un valore effettivamente continuativo, come fronteggiare, scarseggiare e molti, ma molti altri, e in diversi sensi continui, ben distinguibili dal frequente}{V.
anche il Forc. in Lito as, principio, e
in Luo is, fine.}{+O forse da prima si disse sitare, come secutari, e
solutare da cui soltar per solvere, come ho detto p. 1527.
e voltare per volutare ec. L'analogia fra il verbo essere e stare si
vede nel nostro particolare stato di essere, e nel franc. été, sebbene i francesi non hanno il verbo stare.}{+Adsentari che il Forcell. dice esser lo stesso che adsentiri, forse non è altro che un suo
continuativo o frequentativo anomalo o contratto da adsentitari o per adsensari. Nel Glossario Isidoriano
(op. Isid. t. ult. p. 487.) si
trova: Sentitare, in animo sensim
diiudicare.
V. p. 2200.}{+sempre
di una sola sillaba radicale e perpetua, e la più parte}{Gli antichi latini scrivevano
effettivamente dicsi, e legsi e legs, e coniugs ec. e la X dei latini ora valeva CS ora GS. V. il Forcellini lit. X, e l'Encyclopédie.
Grammaire, lettre X.}{+Così l'antica pronunzia de' dittonghi greci che si
pronunziavano sciolti, non impediva che si considerassero come formanti una
sola sillaba. De' quali dittonghi parlerò poco appresso. V. p. 1151.
fine.
e p. 2247. Queste considerazioni
indeboliscono assai anche l'eccezione che abbiamo riconosciuta ne' verbi
della 4. congiugazione e provano che se questi pare che abbiano 2. sillabe
radicali, ella è piuttosto una differenza accidentale d'inflessione, che
proprietà essenziale del verbo assolutamente considerato, e non influisce
sul numero intiero delle sue sillabe radicali o no: numero che ne' luoghi
specificati, è lo stesso in questi che negli altri verbi.}{+al modo appunto che in ebraico la terza persona di detto
tempo e numero. V. p. 1231. capoverso 2.}{V. p. 2069.
principio.}{+Dalle quali osservazioni essendo
chiaro che l'antico v latino fu {(come oggi fra' tedeschi)} lo stesso che una f, non resta dubbio che non fosse aspirazione,
giacchè la f non fu da principio lettera, ma
aspirazione, {e lieve.} E così {viceversa} gli spagnuoli che da prima dicevano fazer, ferido, afogar, {fuso,
figo, fuìr, fierro, filo, furto, fumo, fondo, formiga, forno, forca,
fender}, ora dicono hazer, herido, ahogar,
hurto, humo, {horca, hondo, hormiga, horno, huso,
higo, huìr, hender, hierro, hilo} ec. V. p.
1139.
e 1806.}{+(balbettanti come
fanno i fanciulli che da principio non pronunziano mai se non monosillabi;
(come pa, ma, ta) poi due sole sillabe per parola,
accorciando, e contraendo, o troncando quelle che sono più lunghe; e
finalmente, ma solo per gradi, si avvezzano a pronunziar parole d'ogni
misura, in forza per altro della imitazione, e dell'esempio che hanno di chi
le pronunzia, il che non avevano i primi formatori delle lingue)}{+e similmente rex, e dux nella prima società.}{+arx che significa luogo alto, cima, altezza
(idea {certo} primitiva nelle lingue) e quindi rocca, fortezza. V. p. 1204. fine. Così quiescere da quies, partire e partiri da
pars, tutte idee primitive. Lactare da lac. V. p. 2106.
principio.}{+V. ancora il §. 6. 7. e 10. della Crusca, voce Capo, e i vocabolari francese e
spagnuolo ec. V. chef etc. e il lat. caput nelle significazioni di detti §§. della
Crusca, e così anche i Lessici greci. V. p. 1691.}{+senza contare le tante inflessioni particolari di
ciascuno de' verbi o nomi derivati o composti ec. ne' loro diversi casi, o
persone {e numeri} e tempi e modi, e voci (attiva e
passiva);}{+facendosi una strada illuminata e sicura per arrivare
fin quasi ai primi principii delle parole, e le etimologie stesse
particolari, sarebbero meno frivole;}{Puoi vedere la p. 1242. marg.
fine.}{+E si trova effettivamente maggiore
analogia fra certe voci ec. latine e sascrite, che fra le stesse greche e
sascrite, e pare che la lingua lat. ne abbia meglio conservate le prime
forme. L'H derivata dall'Heth dell'alfabeto fenicio, samaritano ed Ebraico,
il quale Heth era un'aspirazione densa o aspra (Encyclop. planches des
caractères) simile all'j spagnuolo (Villefroy), ha conservata nel latino la sua qualità di
carattere aspirativo, laddove è passata a dinotare una e lunga nel greco, dove antichissimamente era pur segno
d'aspirazione o spirito. La f {e il v} mancanti
all'alfabeto Fenicio (Encyclop. l. c.) mancarono pure come vedemmo
all'antico alfabeto latino.}{+e neppure si ha certa memoria di nessuno
di loro.}{ Possiamo dire che nella lingua latina abbiamo la
stessa antichità della greca, e contuttociò un'antichità meno antica e
più vicina a noi.}{+Similmente i francesi, per quello che noi diciamo fuori o fuora e gli
spagnuoli fuera dal lat. foras, o foris, dicono hors, aspirando però l'h. In luogo di voce i Veneziani dicono ose dileguato il v.}{+insieme col χ e col θ che sono un κ ed
un τ aspirati (Servius
ad Aen. 2. vers.
81.).}{+E Virgilio vuol
descrivere una resistenza quanto più vana, tanto più disperata.}{+Il Glossario latino barbaro ha
similmente assertare ec. da assertus ec. usitare frequentativo ec.
da usus ec. conservato in italiano, come pure il
suo participio in francese ec. V. il
detto Glossar.}{Potrebbe darsi
che transversare volesse dire a un dipresso versare, cioè rivolgere e dimenare fra le mani.
Nondimeno la spiegazione che danno il
Gloss. e il Forcell. a transversare, la prep. trans, e il
significato della voce transversus ec. par che
confermino la mia interpretazione. C'è anche il verbo transvertere di
cui v. Forcell. e di cui
transversare par che debba essere il
continuativo.}{+(e parimente di obstringere, constringere, e del
semplice stringere latino)}{+Il che avviene
ancora al secondo e terzo dei detti verbi italiani.}{+e constreñir o costreñir (da estreñir
che significa stringere) non serba altro
significato che di sforzare. Estrechar ha
quello di stringere per significato proprio e
comune, e quello di costringere o sforzare per metaforico.}{# (1.)
Secondo il Forcellini il verbo obligari si trova in Ovidio nel significato espresso di cogi iuberi, come in italiano si dice essere obbligato a fare ec. Ma il Forcellini s'inganna. Ecco il passo di Ovidio col necessario accompagnamento de' versi
circostanti, laddove il Forcellini riporta un verso solo (Trist. 1.
el. 2. v. 81. seqq.) Q287323